Il libro di
Pierfranco Bruni, con prefazione di Gigi Marzullo, su Califano è un raccontare
“carnale” e “amante”. È qui il successo di un Califano poeta che sarà presentato
a Firenze il 25 novembre
Parto da una chiosa, che reputo fondamentale, di Gigi Marzullo nella
sua Prefazione al libro di Pierfranco Bruni dedicato a Franco Califano,
pubblicato in questi giorni. Marzullo scrive: “In questo libro l’inquieto
Califano viene annoverato tra i “poeti maledetti”, un’interpretazione, questa di
Bruni, della quale non si potrà fare a meno. Chi ha conosciuto Califano, come
me, oggi sarebbe contento di trovarsi tra le parole di Bruni. Il sogno è nella
vita. La vita richiama la speranza. La metafora del rito è una speranza che
continua. Chi conosce Bruni, come me, sa che questo libro è stato scritto con il
cuore e con l’approccio critico di uno scrittore che misura le parole passo dopo passo. Califano ha vissuto la
vita, dopo tutto, passo dopo
passo”.
Condivido parola dopo parola. Tra le pagine che Bruni dedica a Califano
si vive una interazione che non è soltanto questione di linguaggio e di
struttura critica. Si tratta di una cromatura emozionale. Sensazioni,
percezioni, vissuti. Sono tre fessure che raccolgono due vite: quella di
Califano e quella di Bruni su due concetti chiave: la malinconia e il rapporto
tra amore – disamore.
Bruni fa suo Califano.
Ma è già nel dato formativo della cultura bruniana, il linguaggio cesellato di un Califano, che attraversa le mediazione e la meditazione della noia per approdare alla consapevolezza del riso del dolore e dell’accettazione di un’esistenza giocata sul possibile ritorno e sull’impossibile gioco delle nostalgie.
Ma è già nel dato formativo della cultura bruniana, il linguaggio cesellato di un Califano, che attraversa le mediazione e la meditazione della noia per approdare alla consapevolezza del riso del dolore e dell’accettazione di un’esistenza giocata sul possibile ritorno e sull’impossibile gioco delle nostalgie.
È un libro, ha ragione Marzullo, importante. Sia perché offre una
chiave di lettura attrezzata sul viaggio poetico di Califano sia per lo stesso
Bruni. Io che conosco, come Marzullo, Bruni so che dopo questo libro non sarà
più come prima. Di tempo ne è passato da “Via Carmelitani sino a “Paese del
vento”. Tutto quel tempo che va da “Quando fioriscono i rovi a “La bicicletta di
mio padre” sino ad “Asmà e Shadi”, splendido mosaico di un Oriente e di un mondo
magico – sciamanico che passa attraverso una piccola plaquette, molto intima,
dal titolo “Come un volo d’aquila” e prima ancora per un libro appassionante
come “Ti amerò fino ad addormentarmi nel rosso del tuo meriggio”.
Ma Bruni è anche l’autore di un libro “forte” su Fabrizio De André.
Questo “Sulla punta di una matita non sono passati secoli” (Il Coscile editore),
ovvero Franco Califano, richiama il “Cantico del sognatore mediterraneo”, ovvero
il De André di Bruni, ma gli ultimi capitoli sono una confessione e una lenta
sofferenza cucita dentro la sua anima. Potrei dire una resa dei conti che Bruni
fa con se stesso. Sono gli ultimi capitoli che lo rendono irripetibile ed hanno
una bellezza di parola straordinaria oltre ad avere un marchio che è quello,
appunto, di una profonda venatura “maledetta”.
Bruni, come Califano, diventa anch’esso un poeta maledetto proprio
nel momento in cui si confronta con un testo nel quale il “cantico” della
preghiera è struggente. È come se Bruni si identificasse in Califano. Ma non è
così. Bruni si identifica sempre con se stesso e parla di sé filtrando i suoi
compagni di viaggio. Califano è stato il suo compagno di viaggio degli anni
universitari in una Roma “carnale” e “amante” come avrebbe detto Alberto
Bevilacqua, al quale Bruni è stato molto legato.
Questo libro, giunto all’improvviso mentre il suo camminare andava e
va oltre e altrove: nei suoi Orienti, scompagina anche chi conosce Bruni, ma
bisognava aspettarselo, comunque, che l’uomo, lo scrittore, il poeta ribelle e
costantemente in rivolta resta imprevedibile. Bruni lo è. Nella vita e nel suo
“mestiere di scrivere”, per dirla con il suo amato Pavese.
Non bisogna leggerlo soltanto questo suo Califano. Occorre,
necessariamente, sottolinearlo e conservare frasi, brani, concetti. Bruni si
“recupera” in Califano, un Califano, forse meno conosciuto, il Califano poeta.
Alla presentazione prevista a Firenze il prossimo 25 novembre, stia
tranquillo Pierfranco, io ci sarò e cercherò di porre la sua scrittura davanti
ad uno specchio. Ma il successo di questo libro da dove nasce? Non lo si può
chiedere all’autore. Sono convinta che tra l’analisi, l’interpretazione del
testo e la biografia Bruni abbia scelto la sensualità delle emozioni. Ha fatto
centro.
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