C’è quasi sempre nella vita della scrittura una realtà apparente e
una apparente finzione. Ma una terra è
sempre una terra e non soltanto un luogo. Nella vita e nella letteratura. La
letteratura dell’inquieto esistere. L’esistere nell’inquieto della letteratura.
Sono due percorsi in un unico restare tra la storia, la vita e la letteratura.
L’errore e le generosità sono nel mosaico del tempo della vita.
Questo tempo – spazio è il mosaico straziante della letteratura.
Anzi è lo strazio dello scrittore che giocando on la fantasia e la finzione, in
fondo, forse anche inconsapevolmente, recita la vita. Quella tra i naufragi
della bassa e alta marea e il rinchiudersi nelle grotte dell’unica isola che
quella dell’anima e della geografia dei luoghi.
C'è un romanzo di Giuseppe Berto in cui la storia diventa
antropologia e questa si fa rivelazione di un processo che non conosce alcun
elemento o motivazione moralistica dentro la realtà. "Il brigante" è
un romanzo chiave e forse unico nella contestualizzazione narrativa di Berto.
Berto uno scrittore che ha
raccolto la meraviglia il bello e l’ironia della Calabria. Una terra di partenze
ma anche un a terra di irresistibili ritorni. Una terra nella quale si ritrova
il selvaggio come diceva Pavese e il riposo davanti ad un mare che è
contemplazione memoria e radici come si ascolta, appunto, in Berto.
Il personaggio Michele Rende. Il luogo, la terra della Calabria.
La temperie storica. L’avventura che
diventa destino.
Tre moduli di un
raccontare nella vita di uno scrittore che si è sempre raccontato mai
negandosi. Perché lo scrittore vive ciò che ascolta non dall’esterno o oltre
l’esterno? Perché nel suo raccontare c’è sempre quell’inquieto dell’esistere
che è la vita vissuta e attraversata come passione. Il personaggio di Michele
Rende non è completamente nella storia. Anzi si potrebbe dire che vive la
storia scontando il superamento del sogno. Il senso tragico, compreso il
punteggiare gli orizzonti di vita con un profondo senso di morte, è la tragedia
di una vita dentro gli archetipi del tempo – storia.
La letteratura ha
sempre, nelle sue antropologie, il disegno di un quadro i cui contorni sono
fatti dalla ragnatela dell’esistenza e il centro, che è la forma e il colore,
costituisce la voce degli echi. In Berto sono la voce degli echi a far
risuonare l’esistenza, quell’esistenza che conosce non solo il senso del
tragico, come già detto, ma il tragico. Il brigante si lega al tragico e ad una
terra tragica.
D’altronde è impensabile
viaggiare tra le pagine di Berto escludendo la costante visione della tragedia.
Il personaggio esiste in quanto riesce a legare il quotidiano all’infinito e
questo al tragico che è il disegno di un profondo camminamento tra
l’inquietudine e il disperante. Si è
briganti quando si è anticonformisti? Forse è dire troppo o è dire poco.
Si è briganti quando si
tocca l’intoccabile e l’intoccabile, nella vita che taglia metaforicamente e
metafisicamente l’esistenza, è la corda della corrente che crea cortocircuiti.
Ma tutta la vita è impastata di cortocircuiti e occorre la necessità di tracciare
almeno una uscita di sicurezza che conduce alla voce della salvezza.
La letteratura non è mai
salvezza. Per Berto è intravedere la strada di una possibile salvezza ma per
una scelta estetica del proprio essere vive nella sfida. La sfida è anche raccogliersi
nel coraggio. In fondo il brigante è porre insieme il tragico nella bellezza.
Qual è il punto? Il
destino di Michele Rende che ha un destino di morte. Le ultime battute con le
quali si chiude il romanzo è la discesa negli inferi: “ ‘Alza le mani’ disse
l’appuntato. ‘Spara!’ gridò ancora Michele Rende, e dal suo mitra partì una
raffica che non finiva mai. Allora anche l’appuntato sparò, bastarono pochi
colpi. Michele Rende si piegò su se stesso, e poi cadde e non si mosse più.
Allora la gente si mise a correre, per andare a vedere”. Così si chiude il
romanzo.
Oltre la letteratura
stessa c’è l’intreccio di una antropologia della sofferenza che è
manifestazione del tragico tra l’essere del personaggio e il tempo e lo spazio
del luogo. Appunto la Calabria. Uno scenario che ha la dimensione del vissuto
tra la gente, lo sguardo della gente, e la solitudine.
Giuseppe Berto è anche
lo scrittore che vive la letteratura come estremo limite della solitudine. La
sua solitudine è fatta di tante solitudini. Il brigante e la Calabria sono gli
antefatti, i fatti, il retroscena, la scena e la ribalta delle solitudini che
si strutturano nell’esistere del teatro della sua quotidianità.
L’insostenibile
immaginario che lascia il tragico nel personaggio del brigante è una forma
rivelante tra il destino e una terra. L’indefinibile terra di un vissuto che in
letteratura non smette di vivere.
La Calabria è fatta di
echi, di voci, della voce degli echi e di impenetrabili segreti. Il segreto
continuerà a vivere nel mistero delle lontananze e nei simboli che sono
l’impareggiabile scavo di una vita in più vite, o di più vite in una vita.
Così tra le maglie di
una letteratura inquieta qual è quella di Giuseppe Berto in una Calabria bella
tra i mari e sospesa tra fili di solitudine come nel destino di Michele Rende,
un brigante per esistere.
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