con contributi di Mauro Mazza, Gerardo Picardo, Gennaro Malgieri, Neria De Giovanni, Marilena Cavallo, Claudia Rende, Micol Bruni:
“Giuseppe Berto e la necessità di raccontare”.
La letteratura e la necessità di raccontare la vita. Giuseppe Berto dalla sua guerra d’Africa al mare della Calabria. Un centenario per raccontare la letteratura italiana del secondo Novecento. “Giuseppe Berto, sottolinea Pierfranco Bruni, resta uno scrittore che ha attraversato precisi generi letterari. Dalla ‘forma’ neorealista, che tale non è alla luce di una rilettura estetica, ad uno scavo che è chiaramente psicologico. Ma in tutto questo attraversamento ci sono tre aspetti rilevanti: il linguaggio, la struttura dei testi, il suo confrontarsi con una visione metafisica della vita. Nonostante la storia sia presente viene completamente attraversata e superata perché alla fine restano i personaggi a raccontare il tutto. Da ‘Anonimo veneziano’ a ‘La Gloria ’. Uno scrittore importante in un Novecento che si appresta a rileggere la sua temperie e la sua letteratura”.
Un Centenario per riaprire un dibattito sulla figura di uno scrittore che attraversato generazioni ed epoche. Giuseppe Berto a cento anni dalla nascita. Su questo autore il Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”, diretto da Pierfranco Bruni, e il Sindacato Libero Scrittori Italiani, pubblicheranno un saggio dedicato allo scrittore nato Mogliano Veneto il 1914 e morto a Roma il 1978 dal titolo: “Giuseppe Berto. La necessità di raccontare”.
Pierfranco Bruni |
Il saggio, curato e con scritti di Pierfranco Bruni, apre un dibattito sul ruolo dello scrittore e l’importanza della metafora tra linguaggio e forme narranti.
Pierfranco Bruni si occupa del rapporto tra Berto e il Novecento letterario e le sue eredità con Albert Camus, Gerardo Picardo si sofferma sugli aspetti “teologici” ed eretici del Giuda in Berto, Gennaro Malgieri affronta gli elementi storico – politici e letterari intorno a “Guerra in camicia nera”, Marilena Cavallo traccia un profilo tra “La cosa buffa”, “Il male oscuro” e i “Racconti”, Neria De Giovanni si sofferma sui legami strettamente critico – letterari, Mauro Mazza porta una sua testimonianza inedita e il suo incontro con Berto, Claudia Rende traccia un profilo sul legame tra Berto e il cinena e Micol Bruni raccorda la dimensione calabra in Berto oltre a coordinare una bibliografia ragionata.
“Riproporre Giuseppe Berto a cento anni dalla nascita, sottolinea Pierfranco Bruni, curatore dello studio, significa anche contestualizzare un profilo del Novecento letterario e culturale tout court attraverso libri che hanno segnato generazioni. È necessario rileggere romanzi che hanno fatto discutere in anni di transizione come: Anonimo veneziano e La gloria. Due libri che ancora oggi propongono una chiave di lettura anticonformista”.
“In Giuseppe Berto, dichiara ancora Bruni, si vive un intreccio non solo letterario, ma anche esistenziale e psicologico tutto giocato tra amore e morte. Ovvero tra la capacità dell’amore di farsi definizione ancestrale di un modello di vita, che ha in sé il senso del destino, e la realtà della morte che diventa, nei suoi scritti, sempre più consapevolezza di un andare nel di dentro della vita stessa senza la paura della perdita.
“Uno scrittore, sostiene sempre Pierfranco Bruni, che ha amato il mare e soprattutto la Calabria. Ho avuto modo di raccontare ciò in due trasmissioni per la Rai , una di queste realizzata con Marilena Cavallo”.
Nel 1947 esce Il cielo rosso. Una storia il cui segno politico è preciso. Ma ci sono altri libri che sottolineano il rapporto sempre più profondo, appunto, tra la morte come consapevolezza di definito e la vita come attesa del definire.
Il male oscuro del 1964 segna, comunque, il suo punto di riferimento non solo letterario, ma anche esistenziale. È Il male oscuro che rende Berto scrittore “nuovo” in un contesto in cui il legame letteratura e psicanalisi costituiva un dialogo sempre aperto e discutibile. Ci sono i libri di memoria come quello già citato del 1947 e poi Guerra in camicia nera del 1955. Altri come Il brigante del 1951. Al 1978 appartiene La gloria in cui c’è un rapporto costante tra Gesù e Giuda. Un libro tutto da rileggere e da rimeditare. La figura di Giuda è centrale.
Del 1966 è La cosa buffa. Un romanzo d’amore che, comunque, non raggiunge quella tensione lirica alla quale lo stesso Berto tendeva. È con Anonimo veneziano, negli anni Settanta, che l’incontro tra amore e morte trova la sua più inquieta profondità.
“Riproporre oggi Giuseppe Berto, cesella Pierfranco Bruni, significa, tra l’altro, percorrere intere stagioni del Novecento letterario italiano. Di quel Novecento mai conformista e mai allineato con le ideologie dominanti”.
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