di Pierfranco Bruni
Cammino
tra i vicoli dell’antica città. Sono giorni di luglio. Il mare è un’onda che ha
una schiuma che sembra dialogare con la battigia.
Cosa
è un libro?
È
fatto di pagine? È fatto di parole taciute. Ci sono le immagini che fanno festa
ai fiori che vivono sui davanzali. Gli affacci sul mare portano orizzonti. Ma
oltre l’orizzonte ancora mare. Perché il mare qui è di casa. O la casa trova
qui il suo mare. Faccio bisticciare i concetti.
Ma
Tropea è in festa. La festa del libro. Tanto tempo fa era una scommessa. Poi un
rischio. Poi una scommessa e una attesa e poi ancora una sfida. Le sfide si
possono anche perdere. Ma qui il coraggio ha vinto.
La Calabria è anche il Premio Tropea! Il Premio Tropea è una
ricchezza che riporta a scenari immensi. Mi ha folgorato una stella che ha
inciso un tracciato tra le linee del cielo. L’ultima volta che sono stato a
Tropea. Al porto. Ma di letteratura bisogna discutere. Discuterne! Discutere di
letteratura ma in modo più complessivo di culture e di libri significa aprire
una finestra sul mondo.
Chi
ha creduto sin dall’inizio a questo viaggio è stato il mio amico Pasqualino
Pandullo, e un piccolo sodalizio di amanti delle parole taciute e pronunciate
con amore, che conosco dai tempi di quando usciva il quotidiano “Oggi Sud”.
Ci
sentivamo spesso per telefono. Allora non c’erano le email. No. Forse c’erano
ancora i cosiddetti fuorisacco… Pasqualino ha scommesso e ha vinto.
Perché
Tropea vale una sfida, e una festa come direbbe il mio Ernest de “Il vecchio e
il mare” tanto caro a Berto, e un coraggio sulle vie della cultura. E ci siamo.
E il Premio ancora sfreccia con un immaginario di luoghi e di linguaggi.
Sì,
ci siamo! Così Tropea si veste di libri nei giorni di sabato 26 e domenica 27
luglio prossimo. Tropea ha la bellezza che ti viene incontro. Non devi
cercarla. Sarà lei a cercati. Come una dea o una musa o una terra che non
dimentica.
Il
suo Premio letterario, giunto alla Ottava edizione, avrà due serate di intenso
confronto e si parlerà di culture e soprattutto di letteratura. La città del mare
che ascolta i tramonti e i luoghi che Giuseppe Berto, a un volo di aquila da
Capo Vaticano, ha scelto per viverci oltre le disarmonie e per restarci tra i
giochi ovattati dell’infinito sino all’eterno.
Qui,
in questa terra di una Calabria che recita le onde greche e quelle latine,
rubando a Pascoli una chiosa dedicata al mare di Reggio e di Messina, la
letteratura è diventata una “parlata”.
Con
il “calabrese” bisogna parlare in silenzio, ci ha insegnato Corrado Alvaro,
perché ha bisogno di toccare le parole e non solo di ascoltarle e di sentirle.
Serate intense che sempre lasciano il segno.
Io
ormai sono di casa e qui ritrovo una terra e una amicizia che sa di antichi
sapori e di coralli, di onde sbattute tra i muretti e lune di fuoco che cadono
a picco sui tramonti. Nelle sere con il vento del porto la voce sa di
letteratura.
I premiati
di quest’anno raccontano e cercano di decifrare simboli, realtà, immagini.
Antonio Moresco con “La lucina”, (Mondadori),
Chiara Valerio con “Almanacco del giorno prima” (Einaudi) e Sandra
Petrignani con “Marguerite” (Neri Pozza).
Tropea
è la capitale calabrese, e direi del Sud, della cultura. È naturale che si dia
un giusto riconoscimento. Otto edizioni, con stile, eleganza e come si dice in
Calabria, con garbo non sono poche. Ma Bisogna insistere e resistere.
La
cultura vive anche di agguati, ma bisogna adottare una tecnica sciamana.
Silenzio e nell’intendo delle vie del cuore e dell’anima tracciare il solco nei
deserti che sono camminamenti.
Tropea
si può ben candidare ad essere la capitale della cultura in una Regione che
radici e direttrici. Ma una capitale che non abbia voce soltanto due o tre
giorni all’anno. No. Andare avanti. Io ho trovato una bella realtà. E poi il
Sistema bibliotecario vibonese è una consistenza importante.
Di
esperienza nel campo istituzionale ne ho, e anche tanta, soprattutto per gli
anni che porto. Ma la celerità e la serenità e l’amore con i quali il Sistema
vibonese opera e si confronta non l’ho trovato in alcun altro mio viaggio.
Posso dirlo perché ho avuto delle esperienze proprio alcuni mesi fa quando
stavo per finire il mio libro su Giuseppe Berto. Mi è stato di grande aiuto il
Sistema vibonese e senza troppi fronzoli e burocratismi ho avuto la possibilità
di consultare immediatamente dei testi significativi che mi hanno permesso
ultimare il mio studio. Sono realtà.
Ora
Tropea è dentro una geografia di saperi, nuovi e antichi, e di ascolti. Va
candidata. Già di per sé Tropea è un articolato di cultura. Il Premio non fa un
dettaglio. È un dettaglio, ma come diceva il mio amico Alberto Bevilacqua, sono
i dettagli che dettano la storia. Il Premio Tropea è un capitale di cultura e
va reso tale.
Cammino
tra le strade di Tropea e c’è una musica. Una tromba riporta echi…
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