...nel mio racconto antropologico tra la Romania e l’Italia
di
Pierfranco Bruni
Sostiene
Mircea Eliade: “Tramite la nostalgia ritrovo delle cose preziose. Ho quindi il
sentimento che non perdo niente, che niente va perduto” (in La prova del labirinto, Jaca Book,
1979). La nostalgia non è solo un memento lirico all’interno della letteratura.
È un esistere nell’essere della letteratura. In questo essere della letteratura
il labirinto rappresenta la metafora per eccellenza. Si esce dal labirinto
perché il sentimento delle radici conduce verso quella nostalgia attraverso la
quale è possibile capire il senso dell’abbandono e il bisogno del ritorno.
La nostalgia si dichiara inevitabilmente
nel (e con il) mito. Il mito e la diaspora, il canto popolare e il legame con
le radici, il sentimento della lontananza e il tempo nella metafora del viaggio
sono modelli di un processo letterario nel quale gli archetipi restano elementi
fondamentali in quella letteratura Albanese – Arbereshe fatta di mare e di
terra. Uno dei luoghi – metafora (ovvero dei non luoghi) è la nostalgia che
vive dentro la letteratura del viaggio di quegli scrittori Albanesi che hanno
vissuto il senso della diaspora.
La diaspora nel sentire della fuga, della
partenza, del distacco. E la fuga per lo scrittore albanese è simile ad un
vivere dentro un labirinto. I personaggi, molti personaggi, sono assillati dal
vivere dentro un labirinto. Chi vive dentro un labirinto però si avvia verso un
ritrovare l’orizzonte delle origini. Un concetto eliadiano (da Mircea Eliade,
già citato, grande scrittore e studioso delle religioni rumeno) che spesso
ritorna in quella dimensione della metafora del ritorno e costituisce una
chiave di lettura di un misterioso che avvolge la parola e il significato del
tempo stesso della parola nella traducibilità, appunto, della nostalgia.
Di
questo parlerò, nei prossimi giorni, propria nella terra di Eliade, di Cioran,
di Horia, di Ionesco, ovvero la Romania. Tra
etnie e letteratura.
Ma ci sono precisi riferimenti che si
rintracciano sia nella fiaba che nella leggenda. Si prende come esempio la
letteratura degli archetipi. Tracciati di una letteratura archetipi che fanno
parte di quella cultura popolare che è stata (e lo è ancora oggi per molti
aspetti) cultura orale. Il mito (o i miti) è una trasmissione dell’oralità.
In questi casi, in particolare, è proprio
la poesia popolare che resta trasmissione di una oralità soffusa che partecipa
al “destino” di un territorio ma soprattutto al “destino” di un popolo che si
esprime grazie ad esperienze di cultura. Ma la cultura, secondo sempre Eliade
(osservazione completamente condivisa) “è la condizione specifica dell’uomo.
Non si può essere uomo senza essere un essere di cultura”.
Ciò
è la via verso il mito che è la chiarificazione delle etnie.
Il mito nella letteratura delle etnie è
una dichiarazione di incontro tra un percorso onirico e la ricerca di archetipi
che sono dentro la parola della metafora che ha una sostanziale consapevolezza
mediterranea. Da questa consapevolezza il mito e l’archetipo sono uno sviluppo
non solo culturale ma anche esistenziale. Gli strumenti che tengono vivo questo
legame sono i luoghi. Le allegorie che continuano tale legame sono i non
luoghi.
Nell’incavo di questo legame vive il
tempo della nostalgia che resta la vera anima di una letteratura che ha
superato la diaspora e si lascia ascoltare nell’accenno di una spiritualità che
trova nella decodificazione del destino non un riferimento storico ma
metaforico. La metafora è, allora, un luogo. Dentro il quale vivono i viaggi di
personaggi e racconti che trascrivono la storia stessa grazia ad una griglia di
simboli tra l’onirico e l’archetipo.
La storia c’è al di là del tempo –
metafora – spazio. “Ogni essere storico porta con sé una grande parte
dell’umanità prima della Storia” (Mircea Eliade in Immagini e simboli, Jaca Book, 1980). Ed è da questa assimilazione e
confutazione che la letteratura vive nella fantasia e nel mistero dei miti.
Proprio per questo la universalità dei linguaggi letterari tocca il profondo
degli uomini. Le etnie sono, dunque, una profonda dimensione della nostalgia.
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