di Pierfranco
Bruni
Sabato 27 settembre raccontando Cosimo Fornaro non
dimenticando il senso e l’orizzonte della poesia. Taranto è stata Magna Grecia
e Cosimo Fornaro è nel teatro del mito e della metafisica di ciò che la Magna Grecia ha
raccontato recitato vissuto. Così. Il mistero nel viaggio di Cosimo Fornaro
(Taranto, 1928 – 1992), attraversa i vicoli del tempo. È una poesia sottile,
“arcana”. Si snocciola tra le dita dei giorni. Non offre (e non rivela)
soltanto emozioni. È una parola-preghiera. E si fa contemplazione. Un
itinerario che lega il Ricordo al Tempo. Ci sono i luoghi, i sogni, le attese.
Ci sono i segni di quel tempo antico che è sì passato ma è anche la
consapevolezza di una parola che si fa religione. Un dettato religioso sulla
pagina della vita-tempo.
In Fornaro non c’è soltanto la poesia in versi. C’è la
poesia di Luogovivo, di Emiliana e l’handicap, di Nella vita con Maria. C’è la poesia nel
viaggio che resta perché è un viaggio che cerca il ritorno. Sempre si cerca il
ritorno. E Cosimo Fornaro nel suo viaggio, tra i suoi silenzi, tra le sue
parole non fa altro che cercare il ritorno.
In una sua poesia dal titolo “Gli altri vanno” c’è un
verso che caratterizza il suo andare tra i silenzi e le voci:
“…ci spetta sempre il ritorno…”.
C’è Luogovivo
che è incentrato su questa problematica che si risolve nel cercare
nell’identità del ritorno il senso della vita. Un ritorno all’infanzia, un ritorno
a ciò che si è stati ma è soprattutto un ritorno all’uomo. La parola così si
veste anche di mistero.
Mistero e fascino tra le pieghe delle attese. Un
itinerario. Ma soprattutto il tracciato sul quale, come si diceva, l’uomo
ritrova se stesso. Ritrova il mistero dunque in un andare e venire tra vita
morte vita. Così: “…non si finisce mai di morire e di rinascere col nuovo
giorno fino all’ultimo giorno”.
E ci sono attese. Lunghe attese che chiedono di essere
ascoltate dal silenzio. Ci sono malinconie. Grandi malinconie che si vestono di
innocenza. E poi c’è il viaggio nel tempo. “Luogovivo” è una continua magia che
chiede alla parola di restare magia. Chiede alla parola di ritrovarsi tra le
intermittenze e la vita. In questo libro (è un diario che si scopre tra le
pause) c’è il paese e c’è l’infanzia. C’è la musica dei giorni. I segni i
simboli il mito sono Magna Grecia.
C’è quel dolore che soltanto lo scrittore vero riesce
a trasferire sulla pagina. C’è questa magia-suono che si interroga: “Noi cresciamo,
come gli alberi, sulle nostre radici, che ci portiamo dentro. Come queste
querce nere, immobili, nella notte estiva. E ci innalziamo sull’orizzonte dei
ricordi. E i ricordi balenano, improvvisamente, specie di notte. Si pensa che
la notte sia solitudine, silenzio, mistero. Niente di più falso.
“I ricordi ti assalgono, di notte, con immagini che
ritenevi sepolte per sempre, invece, ti appaiono più nitide di allora, quando
eri protagonista attivo. E soffri, e gioisci, come allora, forse anche di più”.
La vita è nel rincorrere i segni del tempo. È cercarsi nel tempo. Tra i
rigagnoli della nostra esistenza. E ci troviamo nel ricordo.
“Il ricordo è una conchiglia…”. Ci dice Fornaro. Si
ascolta la Magna Grecia.
Si ascoltano gli echi. Si ascolta con pazienza
l’incisivo battere. Si aspettano gli odori. La conchiglia è il fascino e il
mistero del nostro tempo. Del nostro tempo perduto. Del tempo che abbiamo da
recuperare. Del tempo che ci perde. Del tempo che ci cerca.
Solo così non dimenticandoci e non dimenticando la
sacralità del tempo “…ritroveremo il senso di noi stessi. E della nostra
storia”. Perché è vero: “L’uomo si costruisce su se stesso, sulla sua storia,
sulle sue radici”. E il senso rimane sempre lo stesso. C’è il ritorno. Il verso
citato all’inizio qui ritrova la sua compostezza e la sua unitarietà. Ecco:
“Chi parte pensando al ritorno vive meglio il mistero della scoperta”.
È appunto una scoperta. Nel mistero. La poesia lungo
la strada del mistero. Nel di dentro del Mistero. Nelle gocce della sera che
cercano il giorno. Nell’andare per tornare. È una poetica. Ma non c’è
costruzione. L’uomo si cerca ma cerca soprattutto il sentimento. Il grande
sentimento che si fa avventura: “ Si, nella vita, si sente, a un certo momento,
la voce del ritorno. A chi è e a che cosa, si capisce a poco a poco. Ma si
sente che bisogna ritornare”.
Luogovivo non è una metafora soltanto. È il tempo che si
frammenta e ritrova se stesso. Al di là del racconto. Emiliana e l’handicap costituisce un polo temetico essenziale certamente
ma il filo lirico ha anche una sicura rilevanza, la parola si fa magia. Mai
negazione, mai descrizione, mai duplicazione del reale. La parola vestita di
mistero regala anima e magia. C’è il diario. La forza del diario.
Emiliana diventa ansia e attesa. È il filo che lega la
poesia alla vita.
Una religiosità profonda che ci parla. Un’ansia che si
fa preghiera. E la preghiera è nella vita. Cosa ci resta? Abbiamo dimenticato
il nostro essere, la nostra partecipazione, il nostro rincontrarci tra le nebbie
e la notte. Abbiamo dimenticato la nostra solitudine (le nostre solitudini), il
nostro viaggio, i nostri paesi. Abbiamo bisogno di ritrovarci nella preghiera.
Così Nella vita
con Maria: “Forse è vero: l’uomo d’oggi non sa parlare, perché non sa più
pregare. “E per riappropriarsi della parola, deve riprendere a pregare. L’uomo
antico pregava. Anche Gesù pregava, ed era Dio…”.
La preghiera è parola genuina, creativa come la
poesia. Ecco perché la poesia è la preghiera del laico. Nella preghiera rinasce
la parola, e rinasce l’uomo. Se l’uomo ritornerà a pregare, si salverà. Lo
raccomandi sempre, tu, alle anime semplici, come messaggio di salvezza, per
noi”. Quel “tu” è Maria. Maria che ci accompagna. Maria che ci dà il perdono. E
l’itinerario potrebbe proseguire. Un itinerario sicuro.
Cosimo Fornaro. Tre libri nei quali la vita incontra
il mistero e il tempo, la salvezza e la rivelazione. Tre libri nei quali il
tempo cerca il ritorno.
In Pensieri
sottovoce il diario resta frammento. In Boscimano
i paesaggi, le tinte, le emozioni si ricuciono tra le ragnatele dei ricordi.
Troviamo il mito che disegna sofferenze e si ricongiunge al viaggio.
In Cosimo Fornaro che con “Nella vita con Maria” tocca
con molta incisività il tempo del mistero ci sono diversi punti di riferimento.
La lettura è complessa. È uno scrittore che resta.
Nelle sue individuazioni la perdita si fa riconquista, lo smarrimento è capire
il labirinto. C’è il ritorno. E la parola è preghiera. I testi qui citati sono
una indicazione precisa. Lo scrittore si fa diario. E nel diario la
contemplazione è il segno che salva. Abbiamo bisogno di salvezza perché abbiamo
bisogno di riconquistare il cuore dell’uomo.
Questo discorso si pone con molta forza in Costellazione Dante. Qui la pagina
critica si incontra con un tessuto poetico vivo, forte, sicuro. Fornaro fa
della poesia un viaggio. Un viaggio alla ricerca della parola e del segno che
sono modello in un cui la metafisica dell’uomo diventa un religioso cammino.
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