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domenica 26 ottobre 2014

Cominciano le celebrazioni per i 340 anni dalla morte di Giuseppe Battista 1675 – 2015 Coordinati da Pierfranco Bruni

Giuseppe Battista e il nuovo saggio di Pierfranco Bruni. Con il Coordinamento di Pierfranco Bruni (Sindacato Libero Scrittori Italiani) ,

Napoli celebra già da Gennaio 2015 i 340 anni dalla morte di Giuseppe Battista con una pubblicazione e due Convegni Nazionali su: “L’avanguardia barocca  da Robert Angot de Lepèronniére e George Hembert  alla classicità post rinascimentale di Giuseppe Battista nel Regno di Napoli” –

Un Progetto sul quale Pierfranco Bruni lavora da decenni e, in una nuova contestualizzazione, la  lingua di Giuseppe Battista viene riletta attraverso modelli etnolinguistici e antropologici.
Il Progetto ha la collaborazione e l’organizzazione del Sindacato Libero Scrittori Italiani e della rivista “Il Cerchio” diretta da Giulio Rolando oltre l’impegno del Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi” –
Le celebrazioni si svolgeranno tra Napoli e Roma.
Il Progetto per i 340 anni dalla morte di Giuseppe Battista verrà illustrato da Pierfranco Bruni nel corso delle Giornate del Forum delle Cultura di Napoli 29 ottobre – 1 novembre 2014.

Il primo incontro, dopo la conferenza di Napoli, è fissato a Roma il 20 novembre Palazzo Sora.

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A 340 anni dalla morte di Giuseppe Battista tra Napoli e Roma.
Giuseppe Battista tra arte e cultura nel linguaggio sperimentale delle Europe nel Regno di Napoli

di PIERFRANCO BRUNI

Giuseppe Battista nella cultura “sperimentale” del Seicento europeo. È una  delle tracce intorno alla quale si è sviluppata una chiave di lettura che permette di inserire il linguaggio, la lingua e i modelli espressivi antropologici in un contesto Barocco che abbraccia e interessa sia l’Europa che la geoletteratura del Mediterraneo. L’arte del Seicento, quando non fu arte di corte, esplose in una sensualità che conobbe forme, linguaggi e immagini caratterizzanti, tanto da realizzare un intreccio tra l’immaginario definito nella pittura e quello strutturato attraverso i versi o il linguaggio in prosa.
C’è un percorso ben definito neul quale poeti e scrittori incontrano nuove forme di linguaggio. Si pensi allo stesso Torquato Tasso, Sorrento, 11 marzo 1544 – Roma, 25 aprile 1595, formatosi alla scuola dei Gesuiti non accettando la Controriforma creò un percorso tematico e lirico marcatamente estetico in una linea malinconica sul fluire di una voluttuosità che lo ha definito cavalleresco.
Uno dei poeti rappresentativi della scuola della sensualità resta certamente lo spagnolo Luis de Gòngora (1561 – 1627) sia con le sue “Solitudini” e soprattutto con “Favola di Polifemo e Galatea”. Gòngora non fu solo un poeta ma un agitatore di coscienze. Fu riscoperto da Garcia Lorca e ne fece conoscere la modernità. Il rapporto tra le figure e le opere di Gòngora e i poeti dell’Accademia napoletana fu estremamente interessante.
Il Barocco spagnolo, vera anima di un Seicento poetico ed europeo dentro la cultura del Regno di Napoli, che si rapporta con la cultura russa, inglese e americana, portoghese, francese, è un Barocco che non conosce gli schemi e le etichette di quella melanconia che sfiora, a volte,  l’assurdo ben costruita in Giambattista Marino (1569 – 1625) o in un Giuseppe Battista (1610 – 1675), che pur nella sua complessità, rimane privo di una profondità drammatica tanto che venne definito: “Scaltro manipolatore di argutezza, non sempre fredde, e d’iperboli” (Cfr. “Poeti dell’età Barocca”, Guanda, 1961, vol. I, pag. 353).
         La mancanza di drammaticità la si trova sostanzialmente in Marino mentre nel Gòngora si avverte un costante gioco il cui pensiero poetico si intreccia con la metafisica dell’infinito. Ed è quella metafisica del tempo, che a volte, diventa eresia poetica che si legge in un poeta come John Donne (1573 – 1631). Una metafisica straziante nella quale si comprende il passaggio dolorante di una vita mondana ad una contemplante. Infatti, Donne dopo belle esperienze lontane decide di prendere gli ordini religiosi e muore addirittura come Decano di San Paolo.
         Nel Barocco che vede Napoli come centralità di modelli “accademici” c’è anche Giuseppe Battista, nato a Grottaglie, l’11 febbraio 1610  e morto a Napoli il 6 marzo 1675, il quale vive in una temperie in cui si scontrano Rinascimento e Contro Riforma, in cui il rivoluzionario Giordano Bruno (1548 – 1600) recita il suo senso tragico nel nome di una eresia a Campo dei Fiori e Tommaso Campanella (1568 – 1663) si rinchiude nella sua città del sole in una utopia che recita la cristianità come follia e Galileo Galilei (1564 – 1642) disputa lo sguardo verso il cielo convinto che luce e manto stellare siano dimensioni della natura.
Il Barocco supera il Rinascimento e traccia il tempo di una decadenza non come caduta di valori ma come una nuova estetica del fare arte e letteratura. Quella decadenza in cui il recupero della classicità greco – romana è un intreccio con lo scenario teatralizzato di un Miguel de Cervantes (1547 – 1616), in cui l’amore e il concetto dell’inquietudine dell’amore diventano abolizione della visione del peccato.
Il Barocco trova la sua originalità nell’abolizione del concetto di peccato perché la poesia che esce dalle Accademie, pur nella metafisicità, si intreccia in un post Rinascimento onirico e illuminante che toccherà successivamente le stagioni  della drammaticità foscoliana.
Ma sono gli spiriti eretici e l’elogia del sogno (Pedro Calderon de La Barca, 1600 – 1681) che si innervano in quel tessuto Barocco che faranno del Barocco stesso non una età da ripostiglio ma vitale che condizionerà i secoli successivi.
D’altronde addirittura il Novecento poetico europeo (da quello italiano a quello spagnolo) avrà sempre dei tasselli che rimandano a pensatori come Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Galileo Galilei, Pedro Calderon de la Barca, Francisco De Quevedo, Luis de Gòngora sino ai sonetti di Jines de la Cruz. Maria Zambrano ha disegnato un profilo interessante su una linea novecentesca nella quale il Barocco è chiave di lettura centrale come percorso metafisico.
Tra i poeti del Barocco c’è una forte presenza innovativa che risponde al nome di Robert Angot de Lepèronniére (1581 – 1640?)  con il testo dal titolo “Le luith” oppure la testimonianza di George Hembert (1593 – 1633) con i versi dal titolo “Easter wings”.
Due autori ai quali hanno fatto riferimento i percorsi poetici futuristi. Soprattutto, il primo testo ci rimanda ad una tavola futurista vera e propria in un gioco di immagini che si definisce come volo e come dinamicità della parola.
Tra il  Giuseppe Battista di: “Se vestita di porpora o d’argento…” e il  Francisco de Quevedo di: “Dama di scacchi, dama di cera,/dama da tasca,/se volete nascondere il difetto/cessate di uscir con donne alte…” o il Johan Donne di: “Ogni regnante è con le favorite…”, il confronto estetico è uno scavo metafisico significativo e la sua presenza, anche tra gli echi di una poetica contemporanea, la si ascolta non solo nell’Ottocento, non risorgimentale, leopardiano, ma anche nelle religiosità che vibra tra i versi di Mario Luzi e il suo concetto di “finzione – menzogna” lo si trova in quella maschera efficace che diventa il pirandelliano “mal giocondo”.

Il Barocco è una avanguardia? Da quello del Regno di Napoli al Barocco di Spagna, di Francia, dell’Inghilterra c’è una linea di estrema visibilità sia in termini strettamente formali che linguistici tanto che  la poesia “sperimentale” contemporanea trova nella fase barocca la sua centralità non solo espressiva ma decorativa.
La lingua poetica è una metafora decorativa di una espressione che va oltre il quotidiano. Ezra Pound nell’inquieto ironico uso della parola, Ungaretti che si assenta dall’ermetismo, Cristina Campo pur nella sua devastante parola metafisica, Alfonso Gatto che supera la metafora dell’isola si incontrano, nei loro “viaggi” letterari, con il Barocco e con quelle forme ben definite in un Barocco europeo. Siamo in una nuova forma di Barocco. Soprattutto attraverso comparazioni filosofiche è possibile penetrare questo tessuto. Ormai è obsoleta la visione di una lettura del Barocco legata soltanto ad un contesto storico ben definito.
Lo stesso Giuseppe Battista presenta, in una interpretazione tra letteratura, teologia e antropologia, una profonda dimensione simbolica ed estetica in cui si attraversa il Barocco per diventare, il suo, un incontro tra tradizione “umanistica” e sperimentazione.

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