Giuseppe Battista e il nuovo saggio di
Pierfranco Bruni. Con il Coordinamento di Pierfranco Bruni (Sindacato Libero
Scrittori Italiani) ,
Napoli celebra già da Gennaio 2015 i 340 anni dalla morte
di Giuseppe Battista con una pubblicazione e due Convegni Nazionali su: “L’avanguardia
barocca da Robert Angot de Lepèronniére
e George Hembert alla classicità post rinascimentale di Giuseppe
Battista nel Regno di Napoli” –
Un Progetto sul quale Pierfranco Bruni lavora
da decenni e, in una nuova contestualizzazione, la lingua di Giuseppe Battista viene riletta
attraverso modelli etnolinguistici e antropologici.
Il Progetto ha la collaborazione e
l’organizzazione del Sindacato Libero Scrittori Italiani e della rivista “Il
Cerchio” diretta da Giulio Rolando oltre l’impegno del Centro Studi e Ricerche
“Francesco Grisi” –
Le celebrazioni si svolgeranno tra Napoli e
Roma.
Il Progetto per i 340 anni dalla morte di
Giuseppe Battista verrà illustrato da Pierfranco Bruni nel corso delle Giornate
del Forum delle Cultura di Napoli 29 ottobre – 1 novembre 2014.
Il primo incontro, dopo la conferenza di
Napoli, è fissato a Roma il 20 novembre Palazzo Sora.
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A 340 anni dalla morte di Giuseppe
Battista tra Napoli e Roma.
Giuseppe Battista tra arte e cultura
nel linguaggio sperimentale delle Europe nel Regno di Napoli
di PIERFRANCO BRUNI
Giuseppe
Battista nella cultura “sperimentale” del Seicento europeo. È una delle tracce intorno alla quale si è
sviluppata una chiave di lettura che permette di inserire il linguaggio, la
lingua e i modelli espressivi antropologici in un contesto Barocco che
abbraccia e interessa sia l’Europa che la geoletteratura del Mediterraneo. L’arte
del Seicento, quando non fu arte di corte, esplose in una sensualità che
conobbe forme, linguaggi e immagini caratterizzanti, tanto da realizzare un
intreccio tra l’immaginario definito nella pittura e quello strutturato
attraverso i versi o il linguaggio in prosa.
C’è
un percorso ben definito neul quale poeti e scrittori incontrano nuove forme di
linguaggio. Si pensi allo stesso Torquato Tasso, Sorrento, 11 marzo 1544 –
Roma, 25 aprile 1595, formatosi alla scuola dei Gesuiti non accettando la Controriforma creò
un percorso tematico e lirico marcatamente estetico in una linea malinconica
sul fluire di una voluttuosità che lo ha definito cavalleresco.
Uno
dei poeti rappresentativi della scuola della sensualità resta certamente lo
spagnolo Luis de Gòngora (1561 – 1627) sia con le sue “Solitudini” e
soprattutto con “Favola di Polifemo e Galatea”. Gòngora non fu solo un poeta ma
un agitatore di coscienze. Fu riscoperto da Garcia Lorca e ne fece conoscere la
modernità. Il rapporto tra le figure e le opere di Gòngora e i poeti
dell’Accademia napoletana fu estremamente interessante.
Il
Barocco spagnolo, vera anima di un Seicento poetico ed europeo dentro la
cultura del Regno di Napoli, che si rapporta con la cultura russa, inglese e
americana, portoghese, francese, è un Barocco che non conosce gli schemi e le
etichette di quella melanconia che sfiora, a volte, l’assurdo ben costruita in Giambattista
Marino (1569 – 1625) o in un Giuseppe Battista (1610 – 1675), che pur nella sua
complessità, rimane privo di una profondità drammatica tanto che venne
definito: “Scaltro manipolatore di argutezza, non sempre fredde, e d’iperboli”
(Cfr. “Poeti dell’età Barocca”, Guanda, 1961, vol. I, pag. 353).
La mancanza
di drammaticità la si trova sostanzialmente in Marino mentre nel Gòngora si
avverte un costante gioco il cui pensiero poetico si intreccia con la
metafisica dell’infinito. Ed è quella metafisica del tempo, che a volte,
diventa eresia poetica che si legge in un poeta come John Donne (1573 – 1631).
Una metafisica straziante nella quale si comprende il passaggio dolorante di
una vita mondana ad una contemplante. Infatti, Donne dopo belle esperienze
lontane decide di prendere gli ordini religiosi e muore addirittura come Decano
di San Paolo.
Nel
Barocco che vede Napoli come centralità di modelli “accademici” c’è anche
Giuseppe Battista, nato a Grottaglie,
l’11 febbraio 1610
e morto a Napoli il 6 marzo 1675, il quale vive in una
temperie in cui si scontrano Rinascimento e Contro Riforma, in cui il
rivoluzionario Giordano Bruno (1548 – 1600) recita il suo senso tragico nel
nome di una eresia a Campo dei Fiori e Tommaso Campanella (1568 – 1663) si
rinchiude nella sua città del sole in una utopia che recita la
cristianità come follia e Galileo Galilei (1564 – 1642) disputa lo sguardo
verso il cielo convinto che luce e manto stellare siano dimensioni della
natura.
Il
Barocco supera il Rinascimento e traccia il tempo di una decadenza non come
caduta di valori ma come una nuova estetica del fare arte e letteratura. Quella
decadenza in cui il recupero della classicità greco – romana è un intreccio con
lo scenario teatralizzato di un Miguel de Cervantes (1547 – 1616), in cui
l’amore e il concetto dell’inquietudine dell’amore diventano abolizione della
visione del peccato.
Il
Barocco trova la sua originalità nell’abolizione del concetto di peccato perché
la poesia che esce dalle Accademie, pur nella metafisicità, si intreccia in un
post Rinascimento onirico e illuminante che toccherà successivamente le
stagioni della drammaticità foscoliana.
Ma
sono gli spiriti eretici e l’elogia del sogno (Pedro Calderon de La Barca , 1600 – 1681) che si
innervano in quel tessuto Barocco che faranno del Barocco stesso non una età
da ripostiglio ma vitale che condizionerà i secoli successivi.
D’altronde
addirittura il Novecento poetico europeo (da quello italiano a quello spagnolo)
avrà sempre dei tasselli che rimandano a pensatori come Giordano Bruno, Tommaso
Campanella, Galileo Galilei, Pedro Calderon de la Barca , Francisco De Quevedo,
Luis de Gòngora sino ai sonetti di Jines de la Cruz. Maria Zambrano
ha disegnato un profilo interessante su una linea novecentesca nella quale il
Barocco è chiave di lettura centrale come percorso metafisico.
Tra
i poeti del Barocco c’è una forte presenza innovativa che risponde al nome di
Robert Angot de Lepèronniére (1581 – 1640?)
con il testo dal titolo “Le luith” oppure la testimonianza di George
Hembert (1593 – 1633) con i versi dal titolo “Easter wings”.
Due
autori ai quali hanno fatto riferimento i percorsi poetici futuristi.
Soprattutto, il primo testo ci rimanda ad una tavola futurista vera e propria
in un gioco di immagini che si definisce come volo e come dinamicità della
parola.
Tra
il Giuseppe Battista di: “Se vestita di
porpora o d’argento…” e il Francisco de
Quevedo di: “Dama di scacchi, dama di cera,/dama da tasca,/se volete nascondere
il difetto/cessate di uscir con donne alte…” o il Johan Donne di: “Ogni
regnante è con le favorite…”, il confronto estetico è uno scavo metafisico
significativo e la sua presenza, anche tra gli echi di una poetica contemporanea,
la si ascolta non solo nell’Ottocento, non risorgimentale, leopardiano, ma
anche nelle religiosità che vibra tra i versi di Mario Luzi e il suo concetto
di “finzione – menzogna” lo si trova in quella maschera efficace che diventa il
pirandelliano “mal giocondo”.
Il
Barocco è una avanguardia? Da quello del Regno di Napoli al Barocco di Spagna,
di Francia, dell’Inghilterra c’è una linea di estrema visibilità sia in termini
strettamente formali che linguistici tanto che
la poesia “sperimentale” contemporanea trova nella fase barocca la sua
centralità non solo espressiva ma decorativa.
La
lingua poetica è una metafora decorativa di una espressione che va oltre il
quotidiano. Ezra Pound nell’inquieto ironico uso della parola, Ungaretti che si
assenta dall’ermetismo, Cristina Campo pur nella sua devastante parola
metafisica, Alfonso Gatto che supera la metafora dell’isola si incontrano, nei
loro “viaggi” letterari, con il Barocco e con quelle forme ben definite in un
Barocco europeo. Siamo in una nuova forma di Barocco. Soprattutto attraverso
comparazioni filosofiche è possibile penetrare questo tessuto. Ormai è obsoleta
la visione di una lettura del Barocco legata soltanto ad un contesto storico
ben definito.
Lo
stesso Giuseppe Battista presenta, in una interpretazione tra letteratura,
teologia e antropologia, una profonda dimensione simbolica ed estetica in cui
si attraversa il Barocco per diventare, il suo, un incontro tra tradizione
“umanistica” e sperimentazione.
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