Una donna tra il Rinascimento e il Barocco: Pedra Francisca de La Valle.
Di
notte, nell’albeggiare delle stelle…
di Pierfranco Bruni
Lo
sguardo. Gli occhi. Pedra Francisca de La Valle. Recita con lo
sguardo. Con gli occhi. Poetessa
nata probabilmente a Siviglia nel 1555 o
1556. Non si hanno precise notizie sulla data di morte, ma i suoi versi, siamo
a conoscenza soltanto di 21 poesie tradotte in italiano dallo spagnolo, tra il
semi – sonetto e un verseggiare libero, portano come data ultima il 1629. Muore,
dunque, a 74 anni.
Dall’ultima
sua poesia, datata, appunto, 30 ottobre del 1629, si evince una scrittura molto
ferma il cui contenuto ha richiami di una tragica malinconia, tanto da far
supporre che Pedra Francisca de La
Valle si sia tolta la vita contemplando il mare Jonio. Sullo
Jonio visse i suoi ultimi anni.
Ci
sono elementi che rimandano ai luoghi geografici della Magna Grecia e al mare
Greco Le sue notizie, dopo numerose ricerche, sono molto scarse.
Ci
è pervenuta soltanto questa minima raccolta, la cui parola, comunque,
poeticamente ha un senso. Ha un titolo che è ripreso da una sua poesia: “A
ritornar non posso”.
Il
tempo, l’amore, il tentativo di interpretare il mistero sono tre aspetti che si
trovano spesso nei suoi testi. Aspetti significativi che si legano ad una
costante che è il mare.
Pare
che la poetessa abbia lasciato all’età di 15 anni Siviglia e abbia abitato, con
i genitori, una piccola casa nelle campagne di Todi, in Umbria.
Qui,
profondamente legata alla santità di San Francesco d’Assisi, dedica al Santo
più di una poesia. Alcuni suoi versi fanno ascoltare l’eco di Jacopone da Todi
e la speranza è un battello che accompagna la poetessa sino alla fine anche se
il sentimento di morte si lega fortemente a quello dell’amore.
Dopo
Todi pare che abbia visitato la
Calabria e sia stata anche in Puglia, fermandosi per alcuni
anni nei pressi di Metaponto. In queste terre ha consumato gli ultimi anni
della sua vita. La dimensione dell’amore è punto centrale nella sua poesia. Da
un amore in cui la sensualità è ben marcata, si passa ad un amore contemplante,
in cui la preghiera ha una forza spirituale notevole.
La
spiritualità è tutto, sembra dirci Pedra Francisca. Nella spiritualità si può
vivere la bellezza. Ciò che è assente, rispetto ad un inizio “francescano” sono
gli elementi della natura, il dialogare con la natura, il rapportarsi con le
“creature” e il suo cantico, perché, in fondo di cantico si tratta, hanno sia
una carnalità sofferta, ovvero una fisicità, sia una ricerca interiore che
trova nella luce della metafisica una chiave di lettura importante.
È
una poetessa che si è formata in un clima metà rinascimentale ma è una visione
di un Rinascimento che dialoga, storicamente e culturalmente, con il Barocco.
Da questo punto di vista è una poetessa che sembra anticipare anche modelli che
saranno foscoliani e religiosamente annuncianti quella “Grazia” che sarà
successivamente di Manzoni. È naturale che conoscesse il linguaggio e la poesia
di Dante Alighieri e dei poeti provenzali.
D’altronde,
il Rinascimento dovrà fare i conti con il tardo Medioevo per determinare un
passaggio fondamentale che è quello linguistico. Pedra Francisca de La Valle è una poetessa nel
mistero di una biografia e tutto ciò che si può dire, soprattutto oggi, è ricavabile
dalle 21 poesie più tre versi, di cui siamo in possesso.
Il
poeta vive oltre la sua storia ed è come se non avesse bisogno di una sua
storia, ovvero di una biografia. Così è. E se è così non ci resta che leggere i
suoi testi e cercare, è sempre un tentativo, di penetrare quelle sue parole che
hanno un senso certamente, ma sono solo le sue parole che recitano la sua vita
e da questa recita si ha bisogno della fantasia per percorrere un cammino
dentro il suo vissuto. In fondo a ritornar non posso senza lo sguardo che vive
gli occhi…
POESIE
DI PEDRA FRANCISCA DE LA VALLE
(INEDITE) –
Le poesie sono datate 1599 – 1629)
A
ritornar non posso
A
CURA DI PIERFRANCO BRUNI
Lo sguardo…
Lo sguardo.
Gli occhi.
Non
raccogliere i miei sguardi.
Li custodisco
nei miei occhi…
Albeggiare di notte
Di notte,
nell’albeggiare delle stelle
Mi sovviene
lo sguardo tuo,
Come arcano,
Nel pianto
delle ombre.
Se or ti
vedo,
Maestoso come
mare,
Le onde tue
Hanno
tempeste.
Perché
giammai
Trafiggermi
dovresti?
Se il cor mio
è in te perseverante?
Altro
silenzio,
Io cercarti
nell’assenza tua
Per amarti.
Nella sabbia della preghiera
Religiosa e
stanca
Nel tempo,
Mio
Francesco, Santo d’Assisi,
A raccontarti
mio destino,
Sul colle,
Al vento
della Croce,
Maddalena
tocca,
Con lo
sguardo di Cristo, il mio sguardo.
Ma giammai,
Sulle mie
mani,
Nasconderò
Rovi di
sangue.
Ho solo
Grazia
Per la cenere
dei sepolcri
Nella sabbia
della preghiera.
La solitudine mi
custodisco
Se le terre,
nei mari fluttuanti,
Hanno scavato
Il mio
pentimento
la solitudine
mi custodisco.
Per reggere
il legno
Ho visto il
vento
Incontro
pesarmi,
Con i suoi
passi.
Ho il
viaggiare negli occhi,
Se gli occhi
Ascolteranno.
Tanto pare,
Nelle acque
fresche,
il tuo volto.
Mi obbligherò alle
partenze
Stelle sul
Mare dei Greci,
Jonio veder
la mia morte,
Come luna,
Senza la
sera.
Mi appiglio
ai fulmini
Del vento,
come speranza
di speranza
apparir non so.
Se di
speranza
Io non
raccoglierò il ritorno,
Mi obbligherò
alla partenza.
Di venti il ricordo
io abito
Più non dovrò
raccontar l’isola
Dove io non
sono nata.
Ma di nascer
in terra
Di venti il
ricordo io abito.
Perché mai
dovrei
Accogliere le
lune che in ciel
Sollevan
pensieri miei
Come spade di
pietra.
Il tempo è
altro
Se a contar
le ore
Io non finirò
Ma la mia
morte ha un silenzio ancora.
Su queste rive di
acque Greche
Mio Santo,
A parer del
mio pregare,
consumato ho
le membra
tutte.
Ma su queste
rive,
Di acque
Greche,
Io perduto
non ho
Il pianto mio
misero.
Di solitudini le mie
notti
Erbe al vento
volteggiate,
Come foglie
Di autunno,
Appassite
ormai.
Io mistero
non ho,
Ma di
solitudine
Le mie notti
Hanno il
pianto.
Dal Greco mar
Dal Greco mar
A scorgere
colonne
Di profughi
acerbi
Io ho veduto.
Come uomini
Nel navigar
Ho
costeggiato il destino mio
Con gli occhi
dei lamenti.
Udite il mio pianto
Genti,
Che udite il
pianto mio,
A raccontar
il mio destino
Non posso.
A pregare
Lo strazio
degli inferi,
Per morir
d’amore,
Come in
esilio ho pianto.
Ho strappato un Padre
nostro
Sulla soglia
Il tempo non
mi ha risposto,
E perché
Rispondermi
dovrebbe?
Io sospesa,
come argilla
senza acqua,
a raccogliere
memorie,
ho strappato un Padre nostro.
Tra l’Orto degli
Ulivi
A dir di
pietà
Ma a voler pregare Dio mio
Io son degna?
Misericordia
io dissi,
Al tempo che
ho tra le rughe delle mani,
Per porgerti
Dio mio
Il mio
silenzio.
A dir di
pietà
Io ritrovarmi
nei luoghi della pena non posso,
Come luna
spezzata
Tra l’Orto
degli Ulivi.
Lo spazio di una
lacrima
Per pregare
Io ho dono
nel cantico del miserere,
Ma giammai
dovrei custodire
Lo spazio di
una lacrima.
Come stella
caduta,
Io ho
riflessi ceduti
Alle
genuflessi onde
Di acque che
recidono il giorno.
Se il silenzio è una
parola sola
Ad amore e
morte
Ho dato la
vita mia.
Sulle rive
d’orizzonti
La pietà ha i
chiodi.
Di Cristo mi
raggela la misericordia.
Io che di
misericordia ho smarrito l’altare.
Di infedeltà
ho taciuto il mio correre
Or ora che il
silenzio è una parola sola.
Se ad esilio son
destinata
Novi sogni
In primavere
di mare,
Io leggo
Per le
distanze dei miei esili.
Ma se ad
esilio son destinata,
Devo pur
cancellare il suono del martello
Nelle notti
di veglia riconduco
A te la mia
anima.
Nel sonno dissipato
A morir io
penso
Nel sonno
dissipato
Dall’alba che
ha le stelle, ad una ad una,
Come pioggia
sullo Jonio.
Ogni nebbia
ha il suo parziale perdono,
Ma se di
perdono ho nel buio le voci,
Al silenzio
mi inchino
Per le
solitudini che restituisco.
A ritornar non posso
Camminar io
devo
Per ogni
dove,
Ché stringe
d’attesa
Amor mio
diletto.
A ritornar
non posso,
E non devo,
Ma a cercare
io domando
Se d’amor io
vivo d’amor io mi muoro.
Il volto tuo risorto
Oh mio
diletto
Se per
cortesia io parola non ti rivolgo,
Ozio non ti
domando
Per amor che
mi duole.
Se per troppo
amore
Mi duole il
petto
La speranza
mia
È il volto
tuo risorto.
Nello splendore tuo
Splendea di
te la bellezza tua,
Con assorto
animo
Giungesti
Al cor mio.
Ma di troppo
mio indugio
Io pagai le
ferite,
Pur nello
splendore tuo
Che di tenerezza
ha condito.
Io amor domandai
Con ardore
Io amor
domandai,
Senza
intendimento alcuno
Mio Dio ti
amai.
Per la pietà
che colsi,
Nel triste abbandono,
Io mi fermai
con la solitudine mia
Nel distante
camminar.
Il mio pensar nella
bellezza
A te solo
rivolsi il mio mar.
Il mio pensar
nella bellezza
Colse i miei
occhi
Negli occhi
tuoi di lontananze.
Di te
rimembrar io posso
Il fuoco
della vita tua
Che di tanto
lustro
S’animò mia
vita.
D’amor io sento
Se misera è
mia vita
A pregarti io
documento.
E se parole
non ho
Le mani mie
sono a raccogliere lo sangue tuo.
D’amor io
sento
Nel carezzare
lo corpo tuo,
Come di
bianco le nuvole vaganti,
Pietate
nell’abbraccio delle isole mie,
Io di virtù
ho pazienze nell’amor tuo.
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