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giovedì 1 gennaio 2015

Si celebra Vittorio Bodini e le case di tufo dei Mediterranei con Pierfranco Bruni a Presenza Lucana di Taranto - 16 gennaio 2015

A gennaio 2015 omaggio Vittorio Bodini per attraversare la sua poetica e il suo viaggio di critico.  Taranto celebra il centenario di Bodini proprio a conclusione dell’anniversario. Nato a Bari il 6 gennaio del 1914, morto nel dicembre del 1970. Cento più uno. L’omaggio a Bodini è organizzato dall’Associazione Culturale Presenza Lucana ed è fissato per venerdì 16 gennaio prossimo. Un incontro importante perché si celebrano anche i 25 anni di attività dell’Associazione diretta da Michele Santoro. Bodini nella storia della letteratura. A relazionare sarà Pierfranco Bruni che a Bodini ha dedicato numerosi scritti.
Nella cultura popolare di Vittorio Bodini  la storia dei Mediterranei nel centenario della nascita
Di Pierfranco Bruni
Nella poesia di Vittorio Bodini ci sono componenti mitiche che si ba­sano su richiami sacrali e rituali. Le fonti di questi richiami, che interessa­no tutta la prima fase di questo poeta pugliese che ha dedicato a Lecce e al territorio salentino pagine di grande valore estetico e artistico, sono nella cultura popolare. La poesia si fa canto e il canto è il malinconico racconto di un linguaggio cadenzato, lento ma non monotono che fa danzare i ricor­di e le immagini. Tra i ricordi e le immagini c'è l'appartenenza ad una ter­ra. Una appartenenza che si fa sentimento: sentimento del tempo perduto che attraversa il linguaggio-canto si fa ritorno alle radici. È proprio l'appartenenza alle radici che fa della poesia di Bodini un paesaggio di va­lori che vivono dentro la parola, l'accento, il ritmo, il sogno.
Bodini attin­ge dalle fonti di una cultura popolare in cui è ben presente la religiosità (i santi fanno parte di questa cultura e trovare queste indicazioni religiose, di una religiosità tutta popolare e arcaica in cui sono presenti i simboli e i segni che sottolineano significati provenienti da lontani archetipi, è so­stanzialmente penetrare una cultura mitica e mito qui sta come arcaicità e se si vuole come eterno ritorno in termini vichiani) e sono ben presenti i personaggi che fanno di questa religiosità una identità antropologica, ma anche poetica perché nella poesia la magia della parola si incontra sempre con la magia-grazia-simbolo del discorso poetico tout-court.
Bodini racconta una storia e si serve del linguaggio. Il linguaggio si fa recita ma la recita è musica. I temi che campeggiano nella poesia di Bodi­ni sono temi che vivono sul tessuto delle manifestazioni che la cultura della tradizione tende a recuperare.
Il sud, il paese, la piazza, i vicoli: sono tutti luoghi della cultura po­polare perché sono luoghi della rappresentazione. In Bodini la rappresenta­zione vive di una sua particolare fisionomia. E in questa rappresentazione c'è il reimpossessamento della terra e delle radici. Il sentimento del ritorno è un sentimento che non solo esplora i luoghi mitici della cultura popola­re ma attraverso il senso-parola-linguaggio si ritorna a quei luoghi che di­ventano come vorrebbe Pavese luoghi unici e sono tali perché un giorno lontano o meno sono stati vissuti da noi anche fisicamente. Bodini il suo Salento lo ha vissuto fisicamente. Ne ha catturato gli odori, i segni, le giornate, le albe, le notti, i sapori, i dolori. Ne ha catturato le ironie e le al­legorie. Soltanto dopo tutto questo è diventato materiale poetico. Il luogo unico pavesiamo è non solo il luogo del mito-poesia è anche il luogo del mito-realtà-rappresentazione.
      In un tale contesto la realtà i segni tangibili di una realtà che ritorna a vivere la si trova nel simbolo. Ad un certo pun­to la poesia di Bodini parla per mezzo dei simboli. Il paese è un simbolo perché il paese di Bodini parla per mezzo dei simboli. Il paese è un simbo­lo perché il paese di Bodini è un paese fermo nel tempo. L'infanzia di Bo­dini è una infanzia tracciata sul cuore del tempo. I viaggi di Bodini sono i viaggi alla ricerca di una centralità da riproporre. Il sud di Bodini è un sud in cui la memoria ha voci antiche, ma penetranti. E basta poco per raccon­tarsi (in un incrocio tra linguaggio-poesia e richiami quasi ancestrali che però sono all'interno di una cultura contadina e popolare) in una sola im­magine il sud: "Tu non conosci il Sud, le case di calce / da cui uscivamo al sole come numeri / dalla faccia di un dado" (da La luna dei Borboni).
Bodini lavora sui luoghi e sulle voci che sono all'interno del sentimen­to del ritorno. Nella cultura popolare il senso del ritorno equivale a tutto ciò che non è andato perduto. Tutto ciò che non è perduto ritorna a sottoli­neare l'identità delle dimensioni dalle quali il mito si fa protagonista. Nel­la cultura popolare in fondo c'è l'identità del mito, la quale come in questo caso, si fa ridefinizione poetica.
      Bodini attraverso la sua poesia (e ci riferiamo sempre alla sua prima stagione poetica: La luna dei Borboni del 1952, Dopo la luna del 1956, La luna dei Borboni e altre poesie del 1962; la seconda stagione comincia con Metamor del 1967) porta sulla scena un percorso sul quale il sentimento popolare richiama viaggi nella magia, nel sogno, nella storia di un pro­fondo sud, che riemerge con la tastiera dei suoi simboli e con il sangue di intere generazioni. C'è in questo sentimento popolare della poesia bodinia­na ciò che Donato Valli ha chiamato 'andalusismo salentino'. Lo si avver­te nella spiritualità della rappresentazione, nel barocco, nell'impressionismo tutto meridionale, nella ricerca della favola e della fantasia che si fa mistero, nelle sottolineature della memoria che diventa presenza costante attraverso i simboli, nel sottolineare la presenza dei san­ti e di Cristo, nel recupero della metafora anche quando la passione poetica si fa realtà e mistero: si ricorda a tal proposito il verso sibillino dedicato a San Giuseppe da Copertino: "Un monaco rissoso vola tra gli alberi".
Bodini allora percorre un tracciato ben preciso che affonda la sua meditazione
nel campo dello spirito popolare. Uno dei simboli prioritari della sua poesia è la luna. Ma la luna anche per la cultura contadina è stata un simbolo dal quale poter ricavare tradizioni e riti. Un simbolo-messaggio, un simbolo-poesia, un simbolo-indicazione. Un simbolo che ha raccontato una storia personale ma ha anche raccontato la storia di una e di un recupero dell'anima antica del popolo che si serviva appunto dei simboli per catturare la vita nella sua quotidianità e nel suo presente.  Un simbolo, il simbolo lunare in questo caso, come proiezione di una interpretazione e come chiave di lettura per fissare nella memoria i segni di una cultura ma che più che cultura era ed è vita. La luna è parte integrante di quel paesaggio di simboli e di valori che sono dentro la poetica del sud.
Bodini è certamente un esempio che riguarda più da vicino il Salento, ma non di meno sono i poeti nati in altri territori come Scotellaro, come Pierro, come Alvaro stesso, come Quasimodo. In questi poeti indubbiamente c'è una anima profondamente popolare e un sentimento portatore di una cultura arcaica.
In Bodini la linea di una cultura popolare ha radici risorgimentali. E’ appunto nella linea risorgimentale che va inquadrato il pensiero estetico e critico di Bodini. In uno scritto apparso su "Esperienza poetica" Bodini ha affermato: "Vi sono epoche in cui, a somiglianza delle favolose età dell'oro, la società porge spontaneamente alla poesia il suo nutrimento; e la nostra età non è di quelle; dobbiamo lottare sul doppio fronte dell'espressione poetica e della elaborazione culturale, sempre col rischio di sbagliare, e con tale inquietudine, date appunto l'insicurezza e la contraddittorietà delle indicazioni che dà di sé la società in cui viviamo. (...) Fra tanta incertezza, ci atteniamo a questi termini forse un  po' logori, forse poco fantastici: storia e geografia (ma non separate), e qualche altro concetto: il senso della letteratura nazionale e quello dell'identità nazionale-popolare, che giunge fino a noi da quella linea risorgimentale attraverso clandestinità e prigioni non metaforiche, come risultati di un ininterrotto travaglio di adeguazione al reale".
Nella concettualità di questa espressione si apprende come per Bodini l'anima nazionale-popolare ha segnato veramente una tappa importante per la sua formazione e per la sua identità poetica. Tutta la prima stagione del­la poesia di Bodini è all'interno della cultura e dello spirito popolare.
Bodini parla della provincia come tessuto all'interno del quale l'incontro tra cultura contadina-popolare e cultura dell'industria mostra tut­ta la sua differenziazione. La provincia dice Bodini, facendo la differenza tra il centro e la periferia e quindi tra due modelli di cultura, "ci sembrava insomma assai più autentica che la nazione, i cui problemi e lignuaggio non riuscivano più a investirla e modificarla". Anche dal punto di vista della cultura la provincia costituiva, dice Bodini, un asse fondamentale che implicava problemi linguistici. Sempre in un altro numero di "Esperienza poetica" Bodini, in riferimento a ciò, ha scritto: "L'Italia ufficiale presen­tava un'alternativa che ci lasciava indifferenti tra ermetismo e neorealismo marxista. Per giunta, ci appariva tutta la bolsaggine di una situazione che non ammetteva un dialogo per la assoluta diversità delle lingue".
Ecco allora il ruolo della provincia: non come ghettizzazione o come emarginazione culturale e fisica ma come stimolo per una riscoperta della cultura del territorio. Attraverso la rivalutazione di questa cultura tutto un mondo ritorna ad essere vivo: "tutto il paese vuole far sapere / che vive ancora / nell'ombra in cui rientra decapitato / un carrettiere dalle cave. Il buio, / com'è lungo nel Sud! Tardi s'accendono / le luci delle case e dei fantali". Sono versi da "Foglie di tabacco" in La luna dei Borboni e altre poesie "Le donne portavano / fichi e uva passa / in fazzoletti dai colori sbiaditi / per il troppo lavarli" (da Lecce- Bari). "Sulla piazza di Torchiaro­lo / dalle case rosse e blu / le anime sante del purgatorio / invocano Maria e Gesù. / I ragazzi bussano ai vestri, / i vestri bussano all'ombra, / l'ombra chiede al setaccio / chi sarà il suo fidanzato. / Cade un tramonto ammantato / d'un sarape verde e viola" (idem). In piazza, accoccolati / sul­le ginocchia del Municipio / stanno i disoccupati / a prender l'oro del sole" (da La luna dei borboni). "Appena la conchiglia lunare / suscita falsi mon­ti che paiono uccisi / e un luccicare sordo sulle rotaie, / il tuo nome nell'ombra si mette a gridare, / pieno di denti, e morde nella gola / il pal­mizio e la chiesa del Rosario" (da Foglie di tabacco).
La provincia allora diventa il luogo intorno al quale si muovono i simboli e le ironie. La provincia diventa l'identità delle radici. La provin­cia diventa serbatoio di una cultura popolare da riproporre attraverso, nel caso di Bodini, la parola, il canto, le assonanze e le immagini che sono magia e mistero, così come sono tali gli archetipi che sono alla base delle radici dello spirito popolare. La provincia e una espressione  che condensa una cultura e un'anima. Donato Valli riferendosi alla nozione di provincia sulla quale ha dedicato lucide meditazioni ha affermato: “L’espressione più idonea di quest'area culturale e spirituale non poteva essere che l'impressionismo e il surrealismo, l'ossessiva effusione dei colori e la trasfigurazione dolente della realtà nel sogno del riscatto individuale, della liberazione magica per virtù di una simbologia primitiva e popolar" (da Letteratura Italiana del 900, vol. IX, Marzorati, 1979).
È proprio la griglia simbolica primitiva e popolare che fa della poesia di Bodini una poesia del ritorno: una poesia che chiede al mito la restituzione di antichi archetipi. I luoghi unici sono i luoghi dell’infanzia e della giovinezza. Sono i luoghi che hanno lasciato la realtà per restare indicazione mitica. Solo attraverso il paesaggio simbolico la poesia si fa mito.
Vico e la sua lezione sulla memoria mitica è nello spirito popolare della poesia di Bodini. La dissoluzione del mito è nella consapevolezza della memoria. "Quando tornai al mio paese nel Sud, / io mi sentivo morire". Canta Bodini. C'è la dissoluzione dei miti e c'è la memoria che non è più partecipazione ma soltanto consapevolezza. Nonostante tutto si ha sempre bisogno di ritrovarsi in ciò che siamo stati. Bodini parla del sonno. Recita: "Ma lasciamo un momento questa città. / Andiamo nel sonno andiamo a vedere che succede". Questo andare nel sonno è un andare ai primordi, è scavare nella preistoria della coscienza, è penetrare l’alba o meglio il sogno antelucano. Occorre ritrovare la fede in questi valori. "Siamo in un'età / di grandi riepiloghi". È questa una delle incisioni profonde che fanno di Bodini un poeta che trova nella memoria, nella grande memoria del tempo, il ritorno alla religione dell'uomo attraverso la parola che si fa canto e il canto che riemerge da una cultura primitiva e popolare.
La parola di Bodini è parola che resta. L'appartenenza ad una terra è appartenenza a madre-natura grazie a un filo simbolico che lega la magia al mistero e la vita alla morte. Bodini è poeta di una ironia tutta meridionale e va all'interno del sonno per catturare la veglia del tempo. Il senso della primitività della parola è nel simbolo e nei segni che ci accompagnano e accompagnano l'uomo nella sua storia tra il passato e il futuro. La di Bodini è appunto una poesia il cui canto è nella luce del       passato e nel 
futuro che domanda di capire il passato. Lo spirito di una cultura è in questo viaggio.

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