Tratto dal saggio: Il suprematismo geometrico di Giovanni Papini
Una riflessione su L’uomo infinito La lezione di Giovanni Papini di Mauro Mazza
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Mauro Mazza ha dedicato anni di ricerche a Papini, probabilmente mosso dall’acume ispirativo di un intellettuale mediamente collocatosi, per i suoi scritti e la sua voce fuori dagli schemi, in una tempesta culturale di flessibilità europea, per non dire anche mondiale. Coltivato e nato povero. Accreditato da una curiosità che gli ha suggerito l’affaccendarsi su tematiche delle più varie, perché di tale pasta è il confine smisurato dell’uomo. Agevole nella penna, realista di prima specie, anche nella lettura delle sue opere non esistono rimandi. E Papini parla direttamente. Scompare quell’aspetto fisico che Mazza evidenzia essere non certo piacevole, ma che attarda nell’affascinazione di chi si lascia colpire dall’intelletto piuttosto che da soporoso savoir dire. Una carica di buon senso che tracima sovente nel conformismo.
E Giovanni Papini di savoir dire non voleva sentire. Non era il tempo. Questo si rivela nel libro a lui dedicato: in un mondo cancellato nella sua radicale originalità dalla grettezza del parlar sobrio, sopra le righe; del parlar inoffensivo e soprattutto credulone per pace fatta, Papini sembra disporsi diametralmente al di là di ciascuna corrente e infatti mai si adegua se non al suo pensiero, a quel pensiero che è un continuo andare; un incessante, indomito procedere verso nuove realtà che della realtà attiva sono parte, proprio perché comprensiva di molteplicità mai arroccate sull’assurdità di un unico luogo.
Mai avvezzo al timore di scalfire qualche boriosa, sonnacchiosa stabilità, Papini si concentra sulla vita che l’uomo conosce e si ritrova ad assumere pose liberal-esistenzialiste senza aver mai sottoscritto alcuna tendenza. Insomma, un pragmatico irrituale nelle sue manifestazioni.
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L’azione conta molto più che il bere nozioni, alla stregua di quanto si ostini una società che, nel convenzionalizzare valori, finisce per abituarcisi al punto da intiepidire anche la fede.
Dissacratore e antipolemico, dunque, Papini è combattente con la penna in mano e con gli incontri senza sfumature. Abbatte ogni volta pareti di decisività perché nelle mani dell’uomo la conoscenza è variabile, é attesa dei tempi particolari. Il pensiero ‒ elaborazione finale di meccanismi, mediante i quali le percezioni si ramificano nella mente assumendo connotati intuitivi particolari, debitamente collegati alla facoltà di essere gestiti consapevolmente ‒ non è proponibile come una scatola congelata da riproporre in ciascun attimo uguale a se stessa. Questa una delle validissime puntualizzazioni rimarcate da Mazza riguardo a Papini. Il motivo si confonde via via con l’esistenza dell’uomo, fin dalla coscienza di una ragione ricorrente quale timone per dirigere le proprie azioni. Proprio per la grandissima novità che l’Illuminismo aveva stabilito quale libero arbitrio, anche il pensiero, che mai si risolve, attesta la sua esistenza con il grado di inglobare e di modularsi continuamente, sì rappresentandosi come fattore di libertà e libertà esso stesso.
Carmen De Stasio
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