Di Marilena Cavallo
In una società in trasformazione anche i modelli culturali mutano. La discussione va affrontata con molta serenità e con tanti e articolati contributi di idee.
Una riflessione storica è nella conoscenza stessa del dibattito sulla sciola di ieri e di oggi. Il dibattito, infatti, intorno alla “Lettera ad una professoressa” di don Lorenzo Milani ha posto in essere alcune condizioni dialettiche sia di ordine prettamente scolastico (e quindi inerenti un progetto di metodologia educativa) sia di natura squisitamente culturale che vivono tra le maglie delle problematiche educative e metodologiche nel campo dell’approccio sull’istruzione e sulla conoscenza.
Un dibattito che ha interessato la società nella sua articolazione e nella sua complessità ma anche, in modo più particolareggiato, il mondo cattolico. Rivisitare i “luoghi” del sapere di questo dibattito potrebbe essere interessante anche perché sarebbe necessario impostare un percorso che non può riguardare soltanto i tracciati scolastici, ma deve entrare in una dimensione dello scibile chiaramente più avanzato anche in termini di mera discussione epistemologica sui fenomeni sia pedagogici che filosofici che hanno attraversato l’intera discussione culturale e scolastica degli anni Sessanta.
Non si tratta di prendere delle posizioni, ma ormai la presenza di don Milani risulta storicizzata e non si può fare a meno di inserirla addirittura nell’attuale dibattito sulla riforma scolastica, come elemento di coniscenza storica, e sulle strategie di premessa che hanno portato al quadro istituzionale e culturale dei codici pedagogici delle varie riforme proprio a partire dal 1968.
Mi riferisco sia alla scuola elementare sia a quella media che a quella superiore senza dover tralasciare il permanente modello di discussione sviluppatosi sulle realtà universitarie.
Certo, gli anni Sessanta sono stati un pilastro nella impostazione di una scuola che voleva rinnovarsi ma se il tanto discusso sessantottismo ha interessato forse in prima istanza proprio i vari campi della questione scolastica, c’è da dire che si è articolato dentro una società che chiedeva di essere ascoltata e di essere messa a confronto con nuove istanze, nuove esigenze, nuovi rapporti tra generazioni.
Il Sessantotto è stato un tentativo di “parlarsi” o di “sfidarsi” tra padri e figli, tra accademismo e militanza, tra modelli di cultura istituzionalizzata e cultura meramente popolare. Dentro questi strati potrebbero trovarsi delle motivazioni. La protesta delle nuove generazioni, degli studenti in particolare ha riguardato, nella complessità dei riferimenti scolastici stessi, ogni grado e ogni ordine. Il legame formazione e innovazione resta nevralgico perché la scuola è cultura e metodologia.
Comunque, l’impalcatura scolastica, negli anni Sessanta, non è stata ristrutturata o rivoluzionata nelle radici, come si tentava di fare, e tanto meno sono state spezzate le basi delle antiche riforme sulle quali si continua a tenere viva la discussione teorica. . Ma questo è un dato che ha accompagnato anche gli anni successivi sino alla più “riformata” visione della scuola che si è espressa dalla dialettica intorno alla proposta Brocca e alla impostazione della riforma sulla scuola elementare degli anni Ottanta.
In questi anni ci siamo posti numerosi interrogativi sia dentro la scuola, come docenti, sia come famiglia e questo dialogo non ha smesso di turbare la coscienza delle società nei vari passaggi epocali. La classe docente è stata sempre un punto di riferimento in una intelaiatura tra la percezione e la vita degli adolescenti, il nucleo famiglia, la società – territorio.
Più democrazia, più partecipazione, più comprensione. Sono un argomentare perspicace che mette insieme la scuola, sia come struttura in sé sia come singoli insegnanti sia come studenti sia come progetto dirigenziale, e la società nel cui seno si porta le sue “agenzie” socializzanti, pedagogiche, istruttive.
Il cerchio dentro il quale questi nodi o questi snodi vanno a finire è dato dal risultato che passa inevitabilmente nelle capacità di apprendimento e nella metodologia di una pedagogia aperta in una società aperta. Siamo in un tempo cambiato e che cambia e la scuola diventa sempre più un riferimento non solo strettamente pedagogico ma culturale nella sua complessità.
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