Gli ultimi giorni di uno statista sono al centro del coraggioso romanzo di Pierfranco Bruni nella sua quarta versione con una chiave di lettura anticonformista
Marika, una terrorista della quale si perdono le tracce (e si scopre, alla fine, che viene uccisa in uno scontro con le forze dell’ordine) e un io narrante che definisce una temperie di guerriglia in una meditazione non solo meramente politica ma anche umana e profondamente legata alla storia di un intreccio ideologico. Un libro, che fa riflettere anche per le proiezioni letterarie e culturali e per le metafore che fanno da sfondo al percorso narrante.
Nel romanzo, che ricostruisce la stagione degli anni di piombo, Pierfranco Bruni sottolinea una precisa posizione che è quella che Moro si sarebbe potuto salvare se non fosse stata adottata la strategia della fermezza da parte di alcuni partiti politici. Il libro, nel ricostruire quella vicenda, pone all'attenzione anche uno stato d'animo che travagliava la generazione dei ventenni che allora discutevano di politica e frequentavano gli ambienti universitari.
Un libro che raccorda storia ed emozioni nel racconto stesso di due giovani che parlano di amore, passione e rivoluzione. Il concetto di “rivoluzione” diventa la chiave di lettura sia sul piano politico – ideologico che su quello strettamente sentimentale – passionale. Eros e morte sono costantemente in conflitto. Marika è eros ma è anche la bellezza infranta dall’ideologia della morte.
Bruni sostiene, tra l'altro, che la vicenda Moro non fu ben capita né a sinistra né a destra. Sia la sinistra che la destra tirarono in ballo la “ragion di Stato”. Da questo punto di vista Bruni condivide la posizione di Leonardo Sciascia posta nel 1978 con “L’Affaire Moro”. Il partito della fermezza non capì la vera questione.
Pierfranco Bruni aveva già affrontato questa problematica in altri romanzi. Già nel 1998 aveva pubblicato il romanzo “L’ultima primavera. Aldo Moro, la tragedia di uno statista” che ha avuto tre edizioni. Nel 2004 un altro importante romanzo, dal titolo “Quando fioriscono i rovi”, filtra gli anni di piombo con la presenza di Moro all’interno di un contesto poetico – lirico, in cui l’amore è rivoluzione e l’ideologia resta la vera devastazione che ha colpito gli anni di piombo.
“Il perduto equilibrio. Nei giorni tristi di Aldo Moro” ritorna come riferimento fondamentale per riportare sulla scena il personaggio di Marika, la passione e la metafora di Moro – Alice nel Paese delle Meraviglie.
Ci sono capitoli molto duri nei quali si legge: “Si può morire al momento giusto? È un grido. Un urlo che non smette di farsi eco. Dalle grotte degli anni continua a farsi ascoltare. La morte giunge al momento giusto. La metafora è un agguato. Le metafore sono un agguato. Tra le parole creano ferite. Ma solo tra le parole si possono capire le metafore.
“Ci si perde e ci si ritrova tra le pieghe di un raccontare che non racconta perché le metafore non hanno il senso del narrativo. Restano fisse nell’oblò delle immagini. E questa morte che giunge al momento giusto è una morte ingiusta… Ma può giudicarsi giusta la morte, una morte… Questa morte…”. Oppure: “Guardare al dopo domani. Mi pare che sia una osservazione profetica questa di Aldo Moro. Soprattutto negli anni successivi alla sua tragica morte si sono consumati nei viali della tristezza i valori di un umanesimo che doveva stare al centro di una politica testimoniata. Chi ha vissuto il tempo delle idee non può che testimoniarsi oltre ogni ideologia”.
Il 1978 resta centrale, sostiene Bruni, e il libro va alla ricerca di alcune motivazioni che proprio nel corso del rapimento Moro esplosero. “Un anno terribile. --Dice Bruni.- Mentre si leggeva Il suicidio della rivoluzione di Augusto Del Noce c’era qualcuno che la rivoluzione si illudeva di farla realmente. Ma Moro rappresentava proprio la centralità di una situazione che stava per esplodere definitivamente. Moro era cosciente di ciò. Da allora, sul piano politico, sono cambiate tante cose. La fine della Dc è cominciata con la morte di Moro. E’ tempo ormai non di interpretare i fatti ma di entrare dentro i fatti attraverso la lettura di una realtà sia di politica nazionale che internazionale”.
Il testo di Bruni presenta alcuni aspetti di una marcata lirica tragicità e riporta sulla scena le lettere che Moro scrisse dal “carcere” delle Brigate rosse e che furono diffuse proprio nel corso dei cinquantacinque giorni della prigionia dello statista democristiano offrendo una incisiva meditazione attraverso un’ampia discussione problematica sia storica che politica stessa. Le lettere dello statista democristiano, sostiene Bruni, offrivano una precisa chiave di lettura.
Tra l’altro Bruni analizza il tempo di una generazione e, attraverso annotazioni di diario personale, ripercorre la storia di un giovane degli anni Settanta che si lascia alle spalle una madre cattolica e profondamente democristiana e un padre fascista e nostalgico del Mussolini regime. Tutto questo all’interno di una tragedia che accomunava una generazione. Ma è la storia d’amore con il personaggio di Marika, bella, sfuggente che ha gli occhi di “verde luna”, che campeggia lungo i giorni tristi della tragedia di Aldo Moro.
Oggi, questo testo, nel centenario della nascita dello statista, si presenta di grande attualità ed emerge chiaro un preciso atto di accusa rivolto a tutti coloro che non capirono la portata tragica degli avvenimenti e non diedero ascolto al messaggio umano proveniente da quelle drammatiche lettere. La voce di Moro continua ancora oggi in un recitativo drammatico. Un libro che affronta con spirito critico e coraggioso una tragedia in una dimensione tra storia e letteratura.
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