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sul blog del Caffè Letterario La Luna e il Drago

sabato 6 agosto 2016

Marta Abba e Luigi Pirandello. Una storia che resta senza rivelazione

Marta Abba e Luigi Pirandello hanno mai fatto l’amore?
Una storia che resta senza rivelazione


di Pierfranco Bruni



Pirandello tra Marta Abba e Picasso
SENZA DI TE LA MIA ARTE NON AVREBBE SENSO! Ritorna spesso questa sottolineatura nel pensare alla figura di Marta Abba (1900 – 1988) e del suo rapporto con Luigi Pirandello. 

Non mi stupisce affatto questo legame, come ho avuto modo di scrivere in due capitoli del mio Luigi Pirandello. Il tragico e la follia (Pellegrini) in distribuzione in questi giorni. 

Mi permette di leggere però alcuni percorsi della letteratura attraverso le donne che sono state accanto agli scrittori, a quelle donne che, in un certo qual modo, hanno condizionato non solo la vita ma anche la produzione letteraria.
Marta Abba per oltre un decennio, tra gli anni Venti e Trenta, è stata il riferimento di un Pirandello non più giocoso, ovvero con il “male” del “giocondo”, ma un Pirandello tristemente ironico oltre la stessa soglia dell’umorismo. Pirandello essendo stato un protagonista nella storia della letteratura ed avendo vissuto ogni attività letteraria in forma pubblica mi sembra doveroso cercare di capire fino a che punto è giunto il legame condizionante.
L’ho già scritto nel mio testo, ma ci sono sempre ulteriori fili che tramano per un suggerimento che possa colmare ciò che si reputa sempre incompiuto: il proprio libro. Non credo che da parte di Marta Abba fu un vero amore o un amore grande. Pirandello dedicò il suo scavare nel mistero della fantasia letteraria soprattutto a lei. A quella giovinezza penetrante che era diventata la bellezza nel teatro.
Marta Abba ha sempre coniugato la vita al teatro. La recita non separava l’una dall’altro. Ma anche in Pirandello è avvenuto ciò nel momento in cui incontra Marta. Tutto diventa finalizzato a portare sulla scena la donna e il personaggio di Marta. Così è stato per D’Annunzio in una determinata stagione quando legge in Eleonora Duse (1858 – 1924) l’interprete fondamentale del suo stare e vivere nel tragico fuoco che proviene dal trionfo della morte.
La donna per lo scrittore diventa sempre il gioco ispiratore perché la letteratura proprio perché si vive come gioco diventa ancora più tradizionalmente tragica. Una letteratura senza il tragico, dopo Nietzsche e Michelstaedter, non avrebbe più senso soprattutto in un contesto italiano. Pirandello e D’Annunzio sono dentro il tragico del vissuto e del quotidiano. Sulla linea di questo viaggiare tra donna e letteratura nel tragico del vivere insiste Cesare Pavese. Lo scrittore del non ci si uccide per una donna, ovvero: “Non ci si uccide per amore di una donna. Ci si uccide perché un amore, qualsiasi amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla”.
Il senso del tragico è superiore a Pirandello che considera Marta Abba la sua musa o a D’Annunzio che è l’irascibile di una sensualità tramata nell’estetica e nella parola. Pavese è il tragico che si consuma nella tragedia. Il suo amore ultimo con l’attrice Constance Dowling (1920 – 1969) diventa non solo la recita di una morte ma il tempo della morte. Pavese a lei aveva dedicato le ultime poesie di verrà la morte e quella morte è arrivata ed ha avuto i suoi occhi.
Tre scrittori dentro il teatro e il cinema attraverso le loro donne, quelle donne amate disperatamente e disperatamente in fuga in un viaggio chiamato amore come il legame forte tra Dino Campana e Sibilla Aleramo. Certo, tre donne diverse, le due completamente diverse dalla Constance di Pavese. Tre donne il cui cammino, comunque, era impastato di una scenografia tra teatro e cinema. D’Annunzio conoscerà il rimpianto alla morte della Duse e vivrà con dolore il distacco. Pirandello vivrà negli ultimi anni di parole, ovvero di attesa di una lettera di Marta. Pavese aspetterà invano il ritorno di Costance.
Nei lori scritti queste assenze sono fiamme d’anima. Su D’Annunzio e la Duse  c’è un percorso definito (ho il compito di scrivere un saggio su Eleonora Duse per il prossimo anno e approfondirò alcuni aspetti). Su Pavese e Costance è un viaggio che mi accompagna dopo i miei diversi scritti su Cesare e quel suo amore ha molto, come tenterò di testimoniare, di incisi nerudiani.
La pagina aperta mi resta sulla storia di Pirandello e Marta Abba. Nonostante le lettere e le interpretazioni l’interrogativo dell’amore di Marta Abba nei confronti di Luigi mi resta. Hanno mai fatto l’amore? Non è una domanda ridicola. È un interrogativo nel tragico di un esistere di un amore inquieto tra un grande scrittore e una vera attrice. Io cerco di capire. Ma le lettere dicono per non affermare. Anzi affermano per non dire.
Cosa dicono in riferimento al mio interrogativo? Non si sa. Una storia inquieta tra il tragico e l’ironia e tra il distacco e l’attesa.

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