di Pierfranco Bruni
150 anni dalla nascita di Maria Montessori. Oggi sarebbe di grande importanza la sua presenza e il suo pensiero potrebbe aprire nuove strade. Siamo in un tempo senza pedagogia. “È necessario che l’individuo adulto cerchi di acquistare una intelligenza delle necessità infantili e sappia frenare il proprio orgoglio di plasmatore”. Scriveva Maria Montessori.
La storia di un popolo è identità. Quando la coerenza identitaria perde il coraggio di affermarsi è l’infedeltà che prende il sopravvento. Non possiamo permetterci di essere infedeli. Perderemmo anche la nostra anima. Proprio per questa la cultura è sempre pedagogia che guida le nuove generazioni. La cultura non è prassi. È l’esistenza di un popolo antropos che si manifesta come civiltà.
Si giusto. Io pongo al centro l’antropos. Ma l’uomo fa le civiltà o le civiltà fanno l’uomo? L’antropos è l’uomo che diventa popolo identità. Ma ciò nasce da un Pensiero che è prettamente metafisico. La filosofia può fare a meno della metafisica? La letteratura sì. Ma la metafisica nasce con la fisica che diventa logos ovvero parola degli epistemi. L’uomo superando la caverna metafora della solitudine platonica trova la spiritualità di Plotino nel cui mezzo vive una “prassi” aristotelica. L’antropologia coniuga il pensiero come forma e l’atto come civiltà.
Oggi è tale. Oggi. In senso ontologico è metafisica la letteratura. Nel senso di cronaca no.
La scienza sarà sempre legata al potere. Potere dei governi e potere del cambiamento. Darwin trascorse gli ultimi due anni da solo su un battello, perché realizzò che aveva cambiato il mondo.
Montessori: “La cultura si deve lasciar prendere attraverso l’attività, con l’aiuto di materiali che permettano al bambino di acquistarla da solo, spinto dalla natura della sua mente che cerca, e diretto dalle leggi del suo sviluppo”.
La pedagogia è fusione di riflessione filosofica e tecnica. La Montessori ha rivoluzionato ma anche svilito la figura del pedagogista
Scriveva Maria Montessori: “Stabilire una pace duratura è un compito dell’istruzione; tutto quello che i politici possono fare è di tenerci fuori dalla guerra”.
Ho sempre creduto a questo concetto. Da quando frequentavo gli anni liceali e poi il mio periodo di insegnante tra i ragazzini e fanciulli. Anni belli in cui Piaget e Maria Montessori campeggiavano nei miei studi e nella applicazione dei loro metodi.
Il gioco è la creatività. Mai come dovere. Sempre come fantasia e sogno nella realtà. Una testimonianza meticolosa che mi ha caratterizzando allontanandomi dalle imposizioni dei docenti di quel tempo che mi costrinsero a studiare il pedagogista russo Makarienco. Mi salvarono la Montessori e poi il grande Roberto Mazzetti all’università di Salerno.
La pedagogia come la vera estrema uscita di sicurezza di ogni ideologia e noncuranza di una antropologia dell’umanesimo.
La Montessori, con la costruzione delle case dei bambini, pose il problema partendo dalla prima infanzia per toccare l’uomo nella sua identità appunto antropologica e scientifica.
Era un medico che era riuscita a legare la scienza medica alla epistemologia del pensiero. Una scienziata che ha fortemente legato il logos alla ricerca proprio grazie alla forza dell’epistema.
Infatti è lei che osserva: “Se v’è per l’umanità una speranza di salvezza e di aiuto, questo aiuto non potrà venire che dal bambino, perché in lui si costruisce l’uomo”.
Costruire l’uomo.
È l’essenziale di una pedagogia che scava nella scienza per fare della scienza non una fisiologia del corpo umano, ma una forza di spirituali testimonianze.
Infatti in un suo pensiero cesella: “I bambini sono così capaci di distinguere fra le cose naturali e le cose soprannaturali, che la loro intuizione ci ha fatto pensare ad un periodo sensitivo religioso: la prima età sembra congiunta con Dio come lo sviluppo del corpo è strettamente dipendente dalle leggi naturali che lo stanno trasformando”.
Il bambino e le forze naturali di una biologia della crescita che trova una forte empatia con la creatività. Maria Montessori ha espresso la creatività dell’anima passando attraverso la crescita in un’ontologia della fisicità. Mi pare che il suo valore prioritario si possa riassumere in questa chiosa molto pertinente e consistente: “Più dell’elettricità, che fa luce nelle tenebre, più delle onde eteree, che permettono alla nostra voce di attraversare lo spazio, più di qualunque energia che l’uomo abbia scoperto e sfruttato, conta l’amore: di tutte le cose esso è la più importante”.
Dovremmo sempre tener presente di questa visione, soprattutto in questo tempo scientista.
La scienza deve poter trovare la filosofia pedagogica per diventare strumento di conoscenza e di formazione. Un modulo che non può vivere solo nella scuola. È parte integrante di una società mobile e in civiltà della conoscenza.
Civiltà e conoscenza sono sinonimo di vera libertà del pensare:
“Il nostro mondo è stato lacerato ed ha ora bisogno di essere ricostruito”.
Era nata a 31 agosto del 1870 a Chiaravalle e morta il 6 maggio del 1952 a Noordwijk, nei Paesi Bassi. Sulla sua lapide è scritto questo epitaffio: “Io prego i cari bambini, che possono tutto, di unirsi a me per la costruzione della pace negli uomini e nel mondo”. Resta un punto cruciale nella dialettica educativa. Nei miei anni di docente e di pedagogista, con scritti e testimonianza, è stata sempre al mio fianco.
Nessun commento:
Posta un commento