di Micol Bruni
Il Mediterraneo tra le voci delle etnie è una geografia di civiltà che trova nelle identità e nelle eredità un processo in cui la cultura dell’umanesimo dovrebbe essere prioritaria tra i segni imprescindibili dei beni culturali. Beni culturali come eredità di memorie e di testimonianze. È questo uno dei fattori primordiali che lega i linguaggi (ovvero la lingua nella sua fondamentale forma espressiva e di comunicazione) alle letterature.
Le etnie non sono eticamente delle civiltà soltanto, o meglio delle identità giuridiche, nella espressione dei logos e dei popoli. Costituiscono, comunque, l’assetto giuridico delle culture delle cittadinanze. Su questo aspetto credo che il diritto comunitario debba aprire una discussione molto vasta legandola al diritto internazionale. Ma è chiaro che un tale elemento giuridico deve costantemente confrontarsi con ciò che abbiamo definito, nel corso dei nostri studi, modelli antropologici.
Ormai la giurisprudenza, nella sua giusta logica del Diritto, si è aperta a un dialogo, in questo ambito preciso, con le scienze antropologiche. La realtà è che una Etnia esiste in quanto cultura, ma esiste in quanto realtà anche tutelata. È un dibattito completamente aperto sul quale stiamo sollevando una dialettica che interessa comunità come i popoli nomadi e soprattutto interessa un popolo e una civiltà come quella degli Armeni.
Ci sono studiosi che hanno avanzato delle tesi precise. Giovanni Agresti dell’Università di Teramo che insiste sulla tutela dei popoli rom e nomadi inserendoli tra le etnie da tutelare. Uno studioso attento e fortemente operativo. Pierfranco Bruni, in qualità di esperto di Etnie del Mibact e presidente di vari Comitati in questo contesto di studi e di progetti, che, da anni in varie realtà, pone all’attenzione la tutela degli Armeni, e uno dei recenti libri (“Le parole per raccontare”, Nemapress, in occasione del centenario del genocidio degli Armeni) scritti con Neria De Giovanni, Presidente dell’Associazione Internazionale dei Critici Letterari, pone, infatti, fortemente al centro tale questione. Entrambi, Agresti e Bruni, portano avanti una battaglia di civiltà rivendicando il ruolo centrale del Mediterraneo. Entrambi hanno ricevuto ambiti riconoscimenti proprio per i loro studi sul Mediterraneo.
L’incontro che si svolgerà al Liceo “Giuseppe Moscati” di Grottaglie il prossimo 13 novembre, ore 10,30, dedicato a Giovanni Agresti, parte proprio da quei presupposti che pongono al centro il rapporto tra lingue, culture ed etnie nei riquadri del Mediterraneo. A ricevere il Premio “Voci del Mediterraneo”, voluto dal “Caffè Letterario La Luna e il Drago” intelligentemente costruito da Anna Montella che svolge un ruolo significativo nel campo delle culture sommerse, quest’anno è Giovanni Agresti.
La manifestazione mi sembra che abbia due caratteristiche fondamentali. La prima è quella di aprire a tutto tondo alle culture considerate, anche dal punto di vista normativo della Legge di tutela, minoritarie (le 12 etnie o comunità oggi sono molto di più rispetto a quelle sancite dalla Legge del 1999). La seconda è quella di creare uno stretto legame tra scuola, beni culturali, università e dibattito giuridico.
Il Liceo Moscati, diretto da Anna Sturino, non si affaccia ora a tale problematica perché è da oltre un anno che dibatte tale problema con una Giornata dedicata alle Etnie (la Prima Giornata delle Etnie) e una massiccia e vistosa presenza alla Fiera del Levante di Bari in collaborazione con San Marzano di San Giuseppe (comunità Arbereshe della Puglia tarantina).
All’iniziativa interverranno oltre Agresti, premiato, Bruni, Sturino, Montella anche la baronessa Elisa Silvatici, l’attore Mario Calzolaro e gli alunni e i docenti del Liceo, che svilupperanno le loro proposte didattiche con il coordinamento del responsabile del Dipartimento Lettere del Liceo Marilena Cavallo.
Una giornata tra le Voci del Mediterraneo con l’edizione 2015 del Premio, ma anche un appuntamento che segna la continuità del legame tra scuola e beni culturale nel nome del Mediterraneo. Il Liceo Moscati è dentro il dibattito nazionale sulla questione delle lingue “tagliate”, così definite nelle “archeologie del sapere”, e in un contesto dialettico internazionale la lingua è il portato di una etnia che significa religione, tradizione, letteratura, nuovo umanesimo.
Tale progetto articolato e modellato sulle comparazioni culturali, un tale dibattito e un Premio come le voci che caratterizzano il Mediterraneo è significativo, va verso quel nuovo umanesimo di cui tanto si discute in una temperie difficile e contraddittoria come quella nella quale ci troviamo a vivere.
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