di Pierfranco Bruni
Pirandello oltre la
letteratura. Il 2 settembre prossimo parleremo di Luigi Pirandello in Sicilia.
A Castelbuono. Una grande manifestazione evento legata al mio libro "Luigi
Pirandello. La maschera e la follia” (Edizioni Nemapress).
Ora anche in Video
(a cura di Anna Montella).
Pirandello in quella sua terra dove il mito è arabo e greco e la lingua è un
intreccio di koinè. In quella sua terra dove il sole incontra la luna e il
racconto si fa mistero e favola. In un tale viaggio la maschera diventa follia!
Molti anni fa, insieme a mio padre che mi faceva compagnia, sono stato nella
terra dei Gattopardo sempre per parlare di Pirandello. Era il 1986. Era appena
stato pubblicato un mio piccolo libro sul Pirandello poeta. Andai in un liceo a
Nicosia a discutere del Pirandello poeta.
Poi vi sono ritornato altre volte in Sicilia . Pirandello resta centrale non
solo sul piano letterario, ma ci permette di capire l'archeologia dei linguaggi
dell'Isola che incontra il continente.
I personaggi che diventano destino in una terra che ha radici scavate nelle
civiltà. Pirandello non è mai storia. Ma nelle sue opere è possibile leggere il
narrare delle storie e della storia. Dalla metafora della giara al Mattia
Pascal. È sempre di più.
Il mistero intreccia la
magia. La magia è fatta di sottili segni che toccano gli archetipi e quel mondo
ricco di una alchimia che porta, come ho avuto modo di dire, al canto sciamano.
In Pirandello la sua Isola e la sua Girgenti sono un intrecciare di immagini di
visioni e di dimensioni oniriche scavate nelle sue tradizioni e nel suo
presente. Il suo presente è un non dimenticare le radici. La sua scrittura è
impastata di una profondità onirica che va oltre ogni maschera perché le
maschere sono il vivere e le ombre sono il passato.
Picasso è un attraversare il suo mondo. Ci sono maschere nude e corde di
marinai che navigano la sua vita.
Pirandello tutto ciò che tocca non diventa mai storia. Ma mistero. Si arriva
alla storia attraverso il mistero. Ecco perché apre una contemporaneità
penetrante e i personaggi sono sempre linguaggio.
Le piazze di Pirandello hanno la metafisica di De Chirico ma sono comunque
affollate di voci. Le voci hanno la metafora appunto della tradizione.
In fondo Pirandello innova il teatro però recupera una tradizione che è quella
arabo - greca, come già si diceva. Il teatro diventa la piazza e la piazza è lo
spazio luogo non luogo perché è il "largo " dell'anima.
De Filippo ha la tradizione napoletana, che ha molto di arabo, ma incarna la
saggezza e l'ironia di Pulcinella. In Pirandello c'è il pupo tragico e
umoristico. Comunque è il teatro che unisce la vita nella recita. La vita nella
recita che si trasforma in recita nella vita.
Allora. Picasso ha le maschere mute-nere-osservanti che parlano. Si dichiarano.
De Chirico ha le piazze vuote al cui centro sembra giungere il vento di echi
lontani. De Filippo non smette di dire la verità considerandola come vita
mascherata.
Pirandello è la sintesi di un dubbio infinito. Indissolubile. Tutto è
indissolubile in Pirandello perché ogni parola è un segno e offre simboli.
I simboli di dichiarano nel tutto. Non ci sono luci riflesse. Ma metafore
dichiarate.
Il mio libro "La maschera è la follia" cerca di capire e di indagare
su questa religiosità del pensiero. Religiosità perché in ogni gesto parola azione
insiste l'uomo.
In una cultura dell'umanismo Pirandello potrebbe diventare un esistenzialista.
Resta centrale il dialogante
incontro tra Pirandello e la magia, De Filippo e l’assoluta ironia dolorante,
Picasso e la profondità della maschera. Tre percorsi diversi nel sorriso
sarcastico ironico Mediterraneo di Antonio de Curtis, ovvero Totò.
La maschera e l'infinito, la
maschera e la profondità (Nietzsche) come apoteosi o come incipit in un viaggio
magico che ci (mi) attraverso in un vortice di memoria che significa
appartenere ad una terra e a un mare.
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