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sul blog del Caffè Letterario La Luna e il Drago

martedì 16 agosto 2016

Il Pirandello di Pierfranco Bruni come apoteosi o come incipit Il 2 settembre in Sicilia

di Pierfranco Bruni

Pirandello oltre la letteratura. Il 2 settembre prossimo parleremo di Luigi Pirandello in Sicilia. A Castelbuono. Una grande manifestazione evento legata al mio libro "Luigi Pirandello. La maschera e la follia” (Edizioni Nemapress). 
Ora anche in Video 
(a cura di Anna Montella).

Pirandello in quella sua terra dove il mito è arabo e greco e la lingua è un intreccio di koinè. In quella sua terra dove il sole incontra la luna e il racconto si fa mistero e favola. In un tale viaggio la maschera diventa follia! 
Molti anni fa, insieme a mio padre che mi faceva compagnia, sono stato nella terra dei Gattopardo sempre per parlare di Pirandello. Era il 1986. Era appena stato pubblicato un mio piccolo libro sul Pirandello poeta. Andai in un liceo a Nicosia a discutere del Pirandello poeta. 
Poi vi sono ritornato altre volte in Sicilia . Pirandello resta centrale non solo sul piano letterario, ma ci permette di capire l'archeologia dei linguaggi dell'Isola che incontra il continente. 
I personaggi che diventano destino in una terra che ha radici scavate nelle civiltà. Pirandello non è mai storia. Ma nelle sue opere è possibile leggere il narrare delle storie e della storia. Dalla metafora della giara al Mattia Pascal. È sempre di più.


Il mistero intreccia la magia. La magia è fatta di sottili segni che toccano gli archetipi e quel mondo ricco di una alchimia che porta, come ho avuto modo di dire, al canto sciamano. 
In Pirandello la sua Isola e la sua Girgenti sono un intrecciare di immagini di visioni e di dimensioni oniriche scavate nelle sue tradizioni e nel suo presente. Il suo presente è un non dimenticare le radici. La sua scrittura è impastata di una profondità onirica che va oltre ogni maschera perché le maschere sono il vivere e le ombre sono il passato. 
Picasso è un attraversare il suo mondo. Ci sono maschere nude e corde di marinai che navigano la sua vita. 
Pirandello tutto ciò che tocca non diventa mai storia. Ma mistero. Si arriva alla storia attraverso il mistero. Ecco perché apre una contemporaneità penetrante e i personaggi sono sempre linguaggio. 
Le piazze di Pirandello hanno la metafisica di De Chirico ma sono comunque affollate di voci. Le voci hanno la metafora appunto della tradizione. 
In fondo Pirandello innova il teatro però recupera una tradizione che è quella arabo - greca, come già si diceva. Il teatro diventa la piazza e la piazza è lo spazio luogo non luogo perché è il "largo " dell'anima.


Tutto è teatro in Pirandello. Forse l'erede diretto resta Eduardo De Filippo anche se i trascorsi e le esperienze sono diverse. Il gioco ad incastro tra i due sono sottili maschere ma soprattutto le lingue hanno una peculiarità. 
De Filippo ha la tradizione napoletana, che ha molto di arabo, ma incarna la saggezza e l'ironia di Pulcinella. In Pirandello c'è il pupo tragico e umoristico. Comunque è il teatro che unisce la vita nella recita. La vita nella recita che si trasforma in recita nella vita. 
Allora. Picasso ha le maschere mute-nere-osservanti che parlano. Si dichiarano.
De Chirico ha le piazze vuote al cui centro sembra giungere il vento di echi lontani. De Filippo non smette di dire la verità considerandola come vita mascherata. 
Pirandello è la sintesi di un dubbio infinito. Indissolubile. Tutto è indissolubile in Pirandello perché ogni parola è un segno e offre simboli. 
I simboli di dichiarano nel tutto. Non ci sono luci riflesse. Ma metafore dichiarate. 
Il mio libro "La maschera è la follia" cerca di capire e di indagare su questa religiosità del pensiero. Religiosità perché in ogni gesto parola azione insiste l'uomo. 
In una cultura dell'umanismo Pirandello potrebbe diventare un esistenzialista.

Resta centrale il dialogante incontro tra Pirandello e la magia, De Filippo e l’assoluta ironia dolorante, Picasso e la profondità della maschera. Tre percorsi diversi nel sorriso sarcastico ironico Mediterraneo di Antonio de Curtis, ovvero Totò.
La maschera e l'infinito, la maschera e la profondità (Nietzsche) come apoteosi o come incipit in un viaggio magico che ci (mi) attraverso in un vortice di memoria che significa appartenere ad una terra e a un mare.

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