È
morta Antonietta Cimmino Signorelli: non
una docente, ma una maestra nella devozione dell’incontro tra matematica, fede
e vita
Pierfranco Bruni*
Ci sono docenti che restano per una vita tali
e non vanno oltre. Ci sono docenti che diventano, immediatamente, maestri. Per
carisma. Per capacità di saper guardare osservare percepire. Per la bellezza
che hanno dentro. Ci sono docenti che si ricordano per le loro “cattiverie”, io
ne ho avuti tanti, e ci sono docenti che ti portano la bellezza nelle parole,
nello sguardo nella forza di una estetica che sa raggiungerti.
Tra i pochissimi, non rientrano neppure in
una mano, anzi sono meno delle dita di una mano, molto meno, docenti che ho
avuto tra scuola media e liceo c’è sta una prof. che ha saputo insegnarmi la
fiducia in me stesso, e lo ha fotto con il sorriso, con l’ironia, con la
seduzione della parola, con l’estetica della esuberanza.
Ora non c’è più.
È scomparsa proprio oggi.
Antonietta Cimmino sposata Signorelli.
È stata la mia prof. di matematica e fisica
negli anni travagliati e inquieti del Liceo. Per molti era la docente più
temuta e autorevole. Per me no. Oltre tutto rappresentava la bellezza!
Era una donna bellissima fascinosa. Il
“cipiglio” era quello rappresentato da Anna Magnani. Lei sorrideva senza
ridere. Spesso glielo dicevo. Occhi profondi, sguardo intenso, parola
partenopea – vesuviana. Infatti era nata a Napoli l’11 febbraio del 1936. Qui a
Napoli è morta il 17 agosto del 2017.
La notizia mi ha colto come una lancia. Gli
anni passano. Passano gli anni per tutti. Sembrava ieri, in quel Liceo di
Spezzano Albanese (Liceo che è nato con la mia generazione e fortemente voluto
da alcuni di noi che portavamo già il senso della politica nel sangue).
Antonietta, la prof., da Napoli era giunta a Spezzano Albanese, provincia di Cosenza,
perché sposata con un collega, il prof. Signorelli. Ha abitato Spezzano per
anni. Era stata messa in cattedra, sostanzialmente, da zio Mariano, allora
presidente dei corsi abilitanti, il Patriarca della matematica in Calabria,
fratello di papà, che abitava a Cosenza.
Antonietta era maestra di matematica anche
perché aveva respirato la fedeltà di essere stata allieva di un maestro. Era
una maestra di vita che ha segnato tutto il mio percorso scolastico liceale,
contrapponendosi ai vari e altri docenti che avrebbero voluto fare di me un
ragioniere, un professionale, un geometra… se non semplicemente allontanarmi
dal lice.
Lei no! Donna di grande coraggio, da
matematica, aveva visto giusto.
Una matematica che leggeva Oscar Wilde e
amava moltissimo Eduardo De Filippo, Totò e uno scrittore che ha raccontato la Napoli di Spaccanapoli,
Domenico Rea, e amava ancora di più la luce del Mediterraneo. Conosceva la
letteratura per sapientia!
Ritornò nella sua Napoli a insegnare. Per
alcuni anni non ci sentimmo.
Una donna religiosissima. Devozione e fede.
Quando seppe che mi ero dedicato, con Micol, a San Giuseppe Moscati, avendo poi
pubblicato tre libri, mi telefonò e fu una splendida telefonata, una affettuosa
telefonata, una calorosa telefonata, e mi ricordò tanti episodi parlandomi di
mio padre, di mio zio e della vera nobiltà e stile dei Bruni.
Da allora nacquero e si rinnovarono le nostre
telefonate.
Quando presentammo il lavoro su San Giuseppe
Moscati non mancò alla elegante serata della Napoli elegante.
Alla morte di mio padre mi parlò
dell’importanza del silenzio e del dolore vissuto nell’ironia della vita. Mi
disse che dovevo portare sempre alto il nome della famiglia dalla quale
provenivo.
Venne anche a Positano solo qualche anno fa,
quando ci fu un omaggio alla mia ricerca sul Mediterraneo. Prese la parola in
quell’occasione e con il suo piglio di donna coraggiosa, raccontò un breve
tratto della mia vita liceale e del suo prendersi cura di me in quegli anni
terribili, che mi hanno visto sempre in prima fila a lottare contro le non
verità. E lei, donna coraggio, proprio in quel tempo non restò soltanto docente
ma maestra di saggezza.
Si portava dentro sempre la sua napoletanità.
Il suo essere mediterranea anche nei movimenti, nei gesti e nel suo accento, e
aveva un portamento sicuro che dava sicurezza.
Quando lasciai la frequenza liceale, perché
non amato dagli altri docenti per il mio essere ribelle, e nipote del Patriarca
Mariano Bruni, e perché convinti che copiassi il tema di italiano (ogni tanto
bisogna sdrammatizzare) e lanciavano i miei quaderni fuori dalla finestra
perché non si riusciva a trovare il copia e incolla (altri tempi), fu lei a
indirizzarmi con la dolcezza di sempre verso nuovi percorsi, ed ebbe la gioia
di prepararmi per sostenere gli esami in un’altra scuola, in un altro Istituto
perché aveva creduto in me, credeva in me e conosceva la mia sensibilità e il
mio senso rivoluzionario nei confronti della scuola docet e dei docenti solo
docenti. Aveva ragione. Ancora una volta i docenti solo docenti seminavano
orrori.
Ecco, per me fu una maestra di coraggio, di
orgoglio, di vita, di pazienza, di sguardi duri, di colpi in fronte e mai alle
spalle.
Portava negli occhi l’orgoglio, quando venne
una sera a Napoli, a Via Santa Lucia, inaspettata per me, e parlò del mio libro
su Claretta Petacci, che presentavo in quella bella e accogliente sala con il
nobile Giulio Rolando.
Parlò, appunto, della Petacci con grande
amore. Ne parlò con conoscenza, sapere e virtù senza mai giudicare.
Ora i ricordi vanno e vengono. Come le nuvole
di Aristofane.
È scomparsa una donna che ha saputo fare del suo “mestiere” di docente di
matematica e fisica, un percorso di umanità e di singolarità.
Zio Mariano mi diceva spesso: “Il vero
docente deve essere un maestro di saggezza e conoscenza della pazienza. Per chi
insegna matematica e fisica la cultura umanistica è il vero tessuto di un
legame tra scienza e filosofia”.
Antonietta Cimmino Signorelli aveva fatto di
questo messaggio una lezione di vita, che ha trasmesso ai suoi allievi.
Io ho saputo raccoglierla quella lezione
dalla sua testimonianza e dai suoi esempi. Una maestra e una donna alla quale
devo molto ed ella sempre puntuale, nella Napoli che conta, non è mai mancata
ai miei appuntamenti e orgogliosa ha raccontato storie di noi che restano
indelebili.
Grande donna. Grande maestra!
Nel nome di San Giuseppe Moscati, al quale
era devotissima,mi giunge un inciso come una preghiera nel segno di una parola
orante: «Ama la verità; mostrati qual sei; e senza infingimenti e senza paure e
senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se
il tormento, e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso
e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio», ovvero sempre con il nostro San
Giuseppe Moscati, mio suo nostro: «Amiamo il Signore senza misura, vale a dire,
senza misura nel dolore e senza misura nell'amore... Riponiamo tutto il nostro
affetto, non solo nelle cose che Dio vuole, ma nella volontà dello stesso Dio
che le determina».
Non la ricorderò soltanto. Resterà la maestra
che mi ha condotto oltre il disamore.
*un
suo allievo
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