di Maria Teresa Alfonso*
Già dalle prime
pagine de “Cinque fratelli. I Bruni Gaudinieri nel destino di una nobiltà”,
Pellegrini editore) mi sono ritrovata dentro un libro dove la descrizione dei
protagonisti affascina e gli stessi danno l’impressione di appartenere ad un
mondo lontano ma nel contempo ancora così vicino al nostro di oggi.
Nel libro (cfr. lo
straordinario Video di Anna Montella: https://www.youtube.com/watch?v=IiGEJhkTxHI
viene fuori un legame con le radici
molto forte, un legame che nel nostro profondo sud ancora oggi si vive. Si
denota da parte dell'autore una nostalgia per non averle vissute pienamente
quelle radici, come afferma in un altro suo scritto: "nulla resta nel
vento smarrito dei miei incerti ritorni” (Italo e Maria, 2017).
Dal libro scopro il
legame con la albanesità che nasce da una nobile donna, Giulia, nonna
dell'autore.
Il tema della
albanesità mi è molto caro, mi affascina, mi incuriosisce, tutto nasce dal mio
lavoro che si svolge nella più grande comunità arbereshe della Puglia: San
Marzano di San Giuseppe, ma non solo, la mia nonna paterna era nata a San
Marzano.
Ma ritornando al
libro, già dai primi capitoli stupisce l'orgoglio di appartenere a questa
importante famiglia Gaudinieri-Bruni e soprattutto noto una dolcezza nel
raccontare insieme ad una pacatezza che ha il canto di nostalgie non vissute.
Nel libro si
racconta la storia di una famiglia e nel contempo l'autore ne conosce i legami
e gli intrecci che probabilmente non conosceva prima di intraprendere questo
suo lavoro.
Vi è nel libro una
scoperta e riscoperta di ciò che appartiene, in un dialogo immaginario tra lo
scrittore e suoi parenti a lui così vicini, da essere presenti costantemente
nel proprio vissuto tanto che il lettore li immagina ancora in vita. Leggendo
solo il titolo del testo si pensa di ritrovare in esso la storia di una nobile
famiglia e il contenuto storico in cui è vissuta. Certamente il libro riporta
importanti passaggi storici, come Regno di Napoli, grazie al lavoro attento di
Micol, il mondo cattolico dell'epoca, la descrizione di una terra, la Calabria , con le sue
caratteristiche storiche e geografiche, ma nel libro viene fuori tutto quello
che lo scrittore è e porta dentro di sé, e come se in questo libro il suo
essere venisse messo completamente a nudo.
Andando avanti nella
lettura, mi stupisce la devozione ad un regime fascista di una famiglia legata
da sempre ai Borboni. Per me che sono nata con il "simbolo dello scudo
crociato" e che nel tempo mi sento sempre più una liberal-democratica,
risulta strano questo legame ma ho cercato di interpretare. Nella mia
riflessione mi commuove scoprire e capire un legame così intenso con un regime
e quindi in particolar modo con la figura del Duce, che mi porta a non avere
pregiudizi.
Per capire bisogna
aver vissuto attraverso le parole della storia, e in questo Micol continua nel
suo raccontare storico, evidenziando che non si può comprendere senza leggere
la storia non solo dei vincitori ma anche dei vinti. In questo libro traspare
il senso bello e profondo che c'è dietro la storia di una famiglia
nobile-aristocratica, le relazioni che la famiglia vive con le vicende
dell'Italia e delle divisioni che nascono in un determinato periodo storico:
nobiltà e nascita dell'aristocrazia, e per questo il libro può essere accostato
al "Gattopardo" di Tomasi di Lampedusa.
La protagonista vera
del libro ad un certo punto non è più la famiglia, non è più l'amore ma diventa
la storia stessa, che con Micol si dipana nelle pagine del raccontare.
Vi è una storia che
occorre narrare e che va tramandata di generazione in generazione. È la storia
della speranza, di quella speranza che si incarna nelle vicende concrete di
uomini e donne che si portano nel cuore e che, proprio per questo, sanno dare
forma storica delle loro scelte, la sanno tradurre in un impegno concreto per
trasformare la storia stessa,
Per incidere in essa
generando giustizia, fraternità, liberazione, rimanendo ad un oltre della
speranza che ne costituisce il fulcro. Una storia avvincente attraverso le
ricostruzioni storiche di Micol Bruni, una storia che non si riesce a smettere
di ascoltare, che ha molto da raccontare alla gente del nostro tempo.
La lettura di ogni
descrizione del libro, che sia storica o affettiva, significa cambiare il
proprio sguardo per vedere ciò che è stato, con occhi attenti ed intuitivi.
Ascoltando il raccontare dei due autori si ascolta il vero senso di una
politica vissuta con senso del dovere e appartenenza, oggi non si assiste più a
questo senso civico così forte; al di là delle appartenenze politiche, ma oggi
esistono le appartenenze politiche?
Leggendo nasce la
consapevolezza di essere tutti responsabili per non avere fede, per non amare
il senso di appartenenza, per non lottare per i propri ideali. Uno sguardo
attento e scevro da pregiudizi nota l'impegno con cui i Gaudinieri-Bruni hanno
contribuito al bene comune delle istituzioni nel luogo della società di
appartenenza.
Ogni generazione dovrebbe
ricercare nelle proprie radici e attraverso le radici risvegliare la speranza
che porta al senso di responsabilità. In questo la giovanissima Micol Bruni è
stata brava e attenta nel riuscire a fare incontrare e dialogare due
generazioni: un padre ed una figlia. Due generazioni che dialogano per capirsi,
parlano per ascoltarsi, scrivono per incontrarsi.
Esempi di
continuità, rispetto, amore, dignità, lealtà. Concludendo evidenzio il modello
di una famiglia in cui il senso della tradizione resta profondissimo insieme
alla devozione per gli affetti. Sotto l'aspetto storico un Risorgimento
politico-letterario con una tradizione linguistico-dialettale forte. "I
destini si intrecciano e hanno voce ".
* Maria Teresa Alfonso
Dirigente Scolastica Istituto Comprensivo San Marzano - Ta
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