di Pierfranco Bruni
A
Taranto Gabriele D’annunzio dedica dei versi che incideranno nella civiltà del
Novecento. Tra mare e terra. Un recitare che propone un’immagine singolare
della città della Magna Grecia, la città dei due mari, degli Occidenti e degli
Orienti tagliati da un filo d’acqua:
“Taranto, sol per
àncore ed ormeggi | assicurar nel ben difeso specchio, | di tanta fresca
porpora rosseggi? | A che, fra San Cataldo e il tuo più vecchio | muro che sa
Bisanzio ed Aragona, | che sa Svevia ed Angiò, tendi l'orecchio? | Non balena
sul Mar Grande né tuona. | Ma sul ferrato cardine il tuo Ponte | gira, e del
ferro il tuo Canal rintrona. | Passan così le belle navi pronte, | per entrar
nella darsena sicura, | volta la poppa al ionico orizzonte”.
Nelle Odi Navali D’Annunzio conosce
l’immaginario e il reale. Il porto di Taranto diventa l’invisibile nel
visibile. La canzone dei Dardanelli da Merope del 1912 è un
recitativo drammatico che vive di malinconiche dolcezze.
Si ascolta:
“Sognando, andiamo incontro all’Ombre sole
mentre il ponte di Taranto si serra.
La notte sembra viva d’una prole
terribile. La grande Orsa declina.
Infaticabilmente il mar si duole”.
Ma D’Annunzio giunse anche a Grottaglie.
Quando
Gabriele D'Annunzio attraversò Grottaglie il Vate aveva già scritto i suoi
versi su Taranto e sui porti di Taranto si improvvisò in una sceneggiatura come
ai tempi con Eleonora (la Duse ).
Ma
il "Notturno" era nel contesto di quella temperie e il suo incontro
con Raffaele Carrieri avvenne sì a Fiume, ma il ragazzo e futuro grande poeta
dei mari divisi, ovvero Carrieri, aveva così mitizzato l'eroe di Buccari che
non perse occasione per sfiorare, proprio a Grottaglie, la giacca militare del
viaggiatore del mediterraneo attraversato con Scarfoglio e la Serao.
Il
poeta che cantò Taranto e il suo Golfo si fermò a Grottaglie. Il suo amore
religioso è stato sempre il francescanesimo e la figura di San Francesco di
Paola lo condusse all'altro Francesco, a quello di Assisi.
A
Grottaglie apprese le notizie del Paolano francese e si entusiasmò al punto di
annotare la possibilità di scrivere una vita sui due Santi.
Non
fece nulla perché le azioni furono sempre più veloci dei pensieri e il pensiero
non ebbe la possibilità di sedimentare in un linguaggio metaforico e
allegorico. Ma visitò sfuggendo il convento di San Francesco di Paola.
Attraversò
Grottaglie e si fermò per ore frazioni o una sosta più prolungata?
Interrogativo che non resterà tale perché nei miei studi sulla nobiltà dei
Gaudinieri, mia nonna paterna era una Gaudinieri come avrò modo di sottolineare
nei prossimi giorni in un convegno in anteprima, la figura di D'Annunzio era
di casa.
Il
tenente Agostino Gaudinieri, piú giovane di D'Annunzio ma fu decorato
sull'Isonzo nel 1916, aveva avuto modo di conoscere molto bene il Vate, era di
famiglia francescana e paolana, ed era a conoscenza del suo attraversamento tra
le strade di Grottaglie, incuriosito soprattutto del convento dei Paolotti.
Il
resto nella mia relazione che consegnerò al Convegno sulla Grande Guerra.
D'Annunzio, comunque, era a conoscenza della nobiltà stemmata dei Gaudinieri
(stemma, tra l'altro, raffigurante una aquila con una rosa rossa nel becco) che
discendevano dai Goudiner della Francia, giunti in Calabria nella temperie
rinascimentale - barocca e il tenente Agostino Gaudinieri, zio di mio padre e
fratello della madre, era molto amico del soldato Ungaretti Giuseppe, il quale
era, anch'egli, a conoscenza del passaggio e della presenza, incognita, di
D'Annunzio a Grottaglie.
Ma
aver vissuto in una famiglia con una vasta biblioteca e personaggi che
hanno segnato la storia e hanno lasciato documenti straordinari mi permette di
vivere questa "mia" storia che resta una storia senza parentesi.
La
venuta di D'Annunzio a Grottaglie è parte integrante di un percorso storico ma
anche letterario e civile.
Tra
la nobiltà dei Gaudinieri e D'Annunzio ci fu un legame proprio durante gli anni
che si preparava il Fascismo e anche dopo... D’Annunzio, navigatore e navigante
si porta la nave “Puglia” nel suo abitato per non dimenticare il mare, il
viaggio, il suo essere guerriero ed errante nella propria “isola”.
Un
raccordare il “mio” D’Annunzio con la mia storia di eredità e di appartenenze
ha un segno profondamente magico.
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