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sul blog del Caffè Letterario La Luna e il Drago

sabato 4 giugno 2016

Nel quarantennale della scomparsa di Alfonso Gatto Pierfranco Bruni (Mibact) lo ricorda...

...in un Incontro a Taormina ripercorrendo la ricerca linguistica e la poetica dell’isola

Pierfranco Bruni: “Un poeta di una generazione che ha trasformato la lingua della poesia”



“Alfonso Gatto. I linguaggi, la lingua e i simboli.  A 40 anni dalla scomparsa” è il tema di un Convegno che percorrerà le linee generali del poeta salernitano scomparso quarant’anni fa (nel 1976) e che Pierfranco Bruni (Responsabile Progetto Etnie – Letteratura del Mibact) tratteggerà grazie ad una linea tematica che va dalla lingua alla poetica.
Il Convegno si svolgerà il prossimo 15 giugno a Taormina (SLSI) ed apre un seminario che riprenderà in autunno con altri due incontri (in ottobre e novembre) che focalizzeranno il ruolo di Gatto nel Novecento poetico italiano. L’attività rientra nelle ricerche del Progetto che Pierfranco Bruni sviluppa ed è finalizzato ad analizzare aspetti linguistici che rimandano a precise koinè letterarie e tradizionali. Alfonso Gatto (Salerno, 1909 – Orbetello, 1976).

Un poeta che ha raccolto le pieghe di un incontro tra la parola come elemento espressivo e i linguaggi che sono racchiusi dentro la pagina dei simboli. Percorsi indelebili che raccontano certamente la vita di un uomo ma in modo più articolato raccontano esistenze.
La poesia di Alfonso Gatto, cesella Pierfranco Bruni, è la metafora di un’isola che lacera il vento che alza le onde del mare e costringe, comunque, la “bufera” ad arginarsi nel cavo di uno scoglio. La sofferenza dell’uomo è un’eco che fa trasmigrare le onde e lascia però solchi sul palmo della mano. Solchi che individuano il cammino. La poesia di Gatto è un cammino nella sensualità che trasforma i giorni raccogliendoli nel quotidiano e nel tempo. La storia, ancora Bruni, è trafitta perché il tempo è nella percezione dell’orologio ma anche nei sentieri incantati delle sensazioni”.
La terra e il mare, i paesi e i luoghi, la madre e il destino sono coordinate nel vissuto di una memoria che incide trasparenze indissolubili. Titolo inconfondibili, i suoi. Da “Isola” del 1932 a “Morto ai paesi” dell’anno successivo. Da “L’allodola” del 1943 a “Il capo della neve” del 1947. Da “La madre e la morte” del 1959 a “Osteria flegrea” del 1962, sino a “Desinenze”, postume, del 1977. solo alcuni dei titoli (ora in “Tutte le poesie”, 2005).  


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