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sul blog del Caffè Letterario La Luna e il Drago

giovedì 28 luglio 2016

Un Museo nazionale a Taranto come modello manageriale tra risorse e vocazioni

di Pierfranco Bruni



     Taranto con l’autonomia del Museo archeologico nazionale  ha aperto una nuova stagione di fare cultura con una potenzialità forte. L’inaugurazione del Museo, con la sua piena autonomia, con la presenza del Premier Renzi e il fautore della Riforma dei beni cultural, Franceschini, ministro dei beni culturali, costituisce una vera svolta nel campo della cultura. Il legame tra museo e territorio, tra museo e mediazione culturale, tra museo e contesto storico europeo costituisce una chiave di lettura non solo storica ma si inserisce in una idea progettuale dei beni culturali. Si deve concepire il ruolo del museo in termini di comunicazione globale e deve saper guardare ad una utenza che sia abbastanza ampia. Il museo deve poter affrontare il territorio attraverso una mediazione alta ma anche popolare. E questo percorrere ci invita ad  una riflessione importante che riguarda però non solo la visione dei musei ma direi quella, in senso generale, dei beni culturali in un progetto articolato. L’indirizzo della Riforma Franceschini è in questi principi.
      Il Ministero per i beni e le attività culturali e turismo ha, oggi più che mai, un compito di estrema rappresentativa in un quadro in cui il sistema delle relazione deve riguardare percorsi non solo italiani ma anche europei. Ed è attraverso queste strutture che bisogna focalizzare riferimenti certi.
Partendo da ciò credo che sia opportuno riconsiderare il ruolo dei beni culturali, come identità patrimoniale e storica di una Nazione, all’interno di un contesto che non può essere più soltanto italiano. L’Europa del Nord e il Mediterraneo (con i Paesi frontalieri) costituiscono realtà la cui mediazione culturale (e per cultura non si può generalizzare ma specificare un campo di attività e di azione che particolareggia i beni culturali) può diventare fondamentale.
      L’obiettivo è quello di riuscire ad acquisire una più ampia politica della fruizione ma questa necessariamente deve passare tra i gangli della valorizzazione. Altrimenti che compito avrebbe la stessa mediazione? Ecco perché gli strumenti che permettono una trasmissione metodologicamente decodificabile sono necessari e la multimedialità, in questo caso, riveste un ruolo consistente.
        Perché si sostiene che il bene culturale è una ricchezza immensa ma anche sommersa? Immensa perché è risaputo che non c’è città, paese, quartiere, angolo di territorio che siano esenti di elementi da considerare bene culturale e quindi il concetto stesso di bene culturale potrebbe essere ormai esteso a tutta l’Italia. Sommerso perché il bene culturale non viene ancora “sfruttato” adeguatamente per una politica dell’investimento culturale e vengono trascurate delle realtà che potrebbero incidere notevolmente (se introdotti in un processo di valorizzazione) sullo sviluppo.
     I valori dei beni culturali sono nella proposta di modelli di civiltà che, in fondo, trasmettono tradizione. Proprio per questo l’Italia nell’Europa deve poter stabilire una proposta di natura prettamente culturale. I beni culturali sono un patrimonio che trasmette eredità storiche e funzioni estetiche. All’interno di tali beni il museo è un veicolo che media, appunto, non solo storia ma, come già si diceva, anche valori. Oltre chiaramente ad essere uno strumento essenziale di economia della fruizione della storia stessa. Taranto darà prova di questo legame e di un binomio sempre stretto tra economia e cultura.

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