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venerdì 12 maggio 2017

Rivelazioni. Il vero grande romanzo d’amore di Luigi Pirandello resta la corrispondenza con Marta Abba. La musa e la recita


Rivelazioni. Il vero grande romanzo d’amore di Luigi Pirandello resta la corrispondenza con Marta Abba. La musa e la recita

di Pierfranco Bruni



Luigi Pirandello e Marta Abba. Un amore che diventa teatro? O il teatro che si impossessa di un destino d’amore? Tra verità e immaginazione. Era il febbraio del 1925. Luigi Pirandello e Marta Abba si conoscono. Lei, milanese, ha soltanto 24 anni. Luigi ha già 57 anni. Il loro rapporto è di colla­borazione e di amore. Lei lo ha sempre considerato un maestro. Lui gioiva di essere considerato il suo maestro. Ma la vita è fatta di anni che si intrecciano e che passano. Il mio prossimo libro riguarderà appunto il legame tra Luigi Pirandello e Marta Abba: “Un amore nel teatro della vita”.

La vita, per Luigi, è il linguaggio che intreccia parole e si fa teatro. Per Marta è la recita che attraversa i luoghi e diventa un gioco infinito nel sorri­dere alla giovinezza. Luigi afferra l’impossibile cercando di trasformarlo in indelebile viaggio. Ma non sarà così. Il loro legame è un legame per sempre tra un amore – passione e la sofferenza costante in un delirio di sguardi.
Si scriveranno sino ad una settima prima della morte di Luigi, nel 1936.
Il loro resterà sempre un amore che vivrà sul filo dell’agonia. La dispe­razione, che è declino di un uomo e mai di un maestro, è l’attraversamento della corrispondenza tra Luigi e Marta. Una disperazione che lacererà l’anima di Luigi e mai quella di Marta?

C’è passione in Luigi. Attenzione in Marta.
Per Luigi, Marta ha il nome non solo della sua musa e dell’attrice alla quale affiderà parti importanti, ma è come se fosse un “mal giocondo” nella sua vita.
Quel “mal giocondo” che sembra vivere di attrazioni, ma è un riposo pur lun­go la strada del tempo che lega il dolore degli anni alla definitiva e ultima at­trazione. Restano un immaginario nella letteratura e un’immagine che, fissata sulla scena del teatro e mai nella vita vera, recita nel quotidiano.
Di questo Luigi è consapevole, ma il suo dolore è l’estremo silenzio della sua profondità. Una delle prime lettere che Pirandello spedisce a Marta risale al 7 febbraio del 1925. L’ultima è scritta sei giorni prima della morte di Luigi, ma giungerà a Marta soltanto quattro giorni dopo. Lei si trovava a Broadway. La lettera porta la data del 4 dicembre del 1936.
In quest’ultima lettera, che Marta leggerà in teatro, si annota: “…Se penso alla distanza, mi sento subito piombare nell’atroce mia solitudine, come in un abisso di disperazione…”.

È questo lo scenario dentro il quale Luigi vive la sua “abitazione d’amore” con Marta. Lei è sempre gentilissima, affettuosa, attratta dalla sua maestria e dal suo pensiero, ma questo non significa che ne sia innamorata. La grande pena di Luigi è proprio questa.
Nel 1929 Pirandello si trovava a Berlino e il 28 marzo scriveva a Marta: “Marta mia…Se Tu potessi sentire quanto soffro, son sicuro che avresti un po’ di pietà per me”. Perché Pirandello confonde amore, passione, attrazione e pietà.
Luigi ha bisogno di pietà?
Siamo agli antipodi del D’Annunzio di Eleonora. Quel D’Annunzio che ha fatto anche degli amori una vera opera d’arte. Quel D’Annunzio che ha fatto della donna una costante nell’intreccio tra l’estasi e il sublime.
Pirandello chiede di essere consolato.
Sempre da Berlino il 1930 sottolinea: “Marta mia,/ eccomi di nuovo se­duto a questo tavolino, col tuo ritratto davanti e la tua sveglietta che vorrebbe confortarmi col suo ticchettio”.
Luigi dipende completamente da questa donna anche se, in molte occasio­ni, la sua vita amorosa non entra nella sua scrittura e nelle sue opere. L’altra completa separazione con D’Annunzio è anche qui.
D’Annunzio trasporta il suo tragico gioco sensuale nei suoi romanzi e il suo linguaggio è la sua vita. Pirandello sembra, dico sembra, separare quella vita, che però vive in molti suoi scritti come modelli di eredità e di testimo­nianza, dal vocabolario delle sue opere.

Il dramma Come tu mi vuoi ha delle “assonanze” con Marta: “…e tutta la mia vita sei Tu”. Sempre nel 1930 ancora da Berlino Luigi le scrive: “Io sono Te, come Tu mi vuoi; e se Tu non mi vuoi più, io – per me stesso – non sono più nulla, e vivere non m’è più possibile”. E poi più avanti: “La vita è fatta di momenti…”.
Ma quali momenti Luigi raccoglie o custodisce di Marta? Da Parigi nel 1931 Luigi afferma: “Ah, Marta mia, per seguitare a lavorare come sto la­vorando, bisogna ch’io pensi assolutamente che Tu sei sempre la stessa per me…”. E ancora più avanti nella stessa missiva il dolore non può che leggersi con la tramatura della pena: “Scrivimi, fatti viva, ho tutta la mia vita in Te, la mia arte sei Tu; senza il Tuo respiro muore”.
È realmente il vento dell’agonia e malinconia che delinea questo loro rap­porto. Qui si riportano soltanto le lettere di Pirandello (Pirandello, La mia arte sei tu) a Marta, ma dalle parole di Pirandello è evidenziabile che il loro legame sentimentale è molto fragile. È Marta che regge il gioco, legandolo ad un filo di vento, ma Pirandello resta sempre il maestro. In Marta c’è sempre una fedeltà verso il maestro sul piano, però, professionale, del quale lei ha costantemente bisogno e se si è trovata a diventare la Marta Abba proprio grazie a Pirandello che le ha aperto le vie del teatro, del palcoscenico, della letteratura sulla scena.
Ancora una volta la differenza con D’Annunzio è fondamentale.
In una delle ultime lettere, datata Roma 7.X. 1936, in chiusura si ascolta: “… qui lontano, resterò a vivere fino all’ultimo respiro./Addio, Marta mia! E sentiti sempre, tutta, nel bene senza fine che Ti vuole il Tuo/ Maestro”.
Ed è come se prevedesse la fine imminente.
In queste lettere ci sono stanze di vera poesia, di quella poesia con la quale si è confrontato proprio all’inizio della sua scrittura. Si potrebbe dire che Pi­randello chiude il suo viaggio esistenziale avendo accanto, nel pensiero e nel pensare, la sua Marta.

Quanto è contata dal 1925 in poi la presenza di Marta nella vita e nell’o­pera di Pirandello? Credo tanto, la sua musa e lui per lei resta sempre il suo maestro anche quando avrà il successo a scena aperta.
Per Pirandello, Marta resterà sempre la protagonista di Nostra Dea nel debutto, di cui parla nella lettera del 7 febbraio del 1925, a Roma al Teatro Odescalchi in data 22 aprile.
La loro storia, una metafora? Direi di no. Perché per Luigi, Marta resterà sempre una Dea. La sua Dea. Senza il suo pensiero Luigi non riusciva a vivere (nella lettera da Parigi del 1931). E così è stato.
Il congedo degli ultimi scritti è profetico. “…la lettera è già lunga, ed è tempo che la mandi alla posta. Ma quando ti arriverà?...”. Così nella lettera spedita da Roma. Luigi viene a mancare quattro giorni prima che la sua Dea possa ricevere e accogliere queste parole.
Per Pirandello Marta è teatro. Quel teatro che assorbe il cuore e la coscien­za e proprio per questo diventa la stagione ultima della sua vita. Il coraggio della pena che si fa agonia. Senza Marta cosa sarebbe stato Pirandello negli ultimi dieci anni della sua vita? Lettere e dettagli di poesia…
Marta Abba morirà a Milano nel 1988.

Ma cosa si sarebbero detti ancora Luigi e Pirandello? Forse…

Luigi: “Il tuo amore mi servirà per comprendere il silenzio o la voce di un talismano che mi parla attraverso i segni e simboli e tra questi segni e simboli ci sono le sfaccettature della luna che è stata sempre il punto metafisico che mi ha permesso di capire la profondità dei tuoi occhi e la dimenticanza del tuo sguardo”.

Marta: “Io profondamente ti ho amato, ma profondamente ho capito che la distanza è necessaria per riappacificarsi con il tempo e il tempo è inevitabile tra te e me perché il tempo è un costante dialogo, da questo costante dialogo non possiamo mai sfuggire o fuggire. Dammi questo talismano, lo conserverò come archetipo del nostro incontro o come archetipo del nostro amore, ma sappi che ci sono diversi amori e io, pur nella mia dimenticanza, nella mia distanza, ti ho amato fino alla fine e anche oltre”.

Un grande amore? Forse il libro più vero di Pirandello, oltre queste due ultime battute che restano custodite nel mio immaginario, è quello che custodisce la corrispondenza con Marta Abba. Un romanzo epistolare.
L’unico romanzo d’amore di Luigi in cui tolte le maschere restano le verità. Le verità che non hanno bisogno di specchi. Un grande amore sulla scena? Il teatro ha creato un grande amore e uno stringente legame: Marta e Luigi!


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