Un
amico di antica data
di
Pierfranco Bruni
In molte occasioni ebbi modo
di frequentare Giuseppe Galasso, scomparso recentemente (Napoli, 1929 –
Pozzuoli 2018), nel periodo in cui rivestiva la carica di Sottosegretario al
Ministero dei beni culturali, a partire dal 1983 fino al 1987, durante il
governo di Bettino Craxi. Dal 1988 al 1989 fu Sottosegretario al Ministero per
l’intervento straordinario nel Mezzogiorno, con i Governi De Mita e poi
Andreotti. In quel contesto discutemmo più volte sul ruolo della cultura e dei
beni culturali sia a Roma che in altre città italiane.
La discussione verteva su
come creare un forte legame tra la tutela e la capacità di fruizione dei
modelli culturali, come creare un modello di valorizzazione e di conservazione,
non solo dei beni culturali in sé, ma anche intesi come paesaggio, ambiente,
realtà di una geografia sia reale che metafisica.
Fu allora, nel 1985, che nacque
il cosiddetto “Decreto Galasso”, ovvero Legge Galasso, che garantiva una maggiore
protezione al paesaggio incastonandosi all’interno dei processi storici dei
beni culturali - archeologi e, allo stesso tempo, divenendo punto di riferimento
di una società che guardava con attenzione ai nuovi saperi.
In quegli anni l’apporto di
Giuseppe Galasso fu determinante. Storico del Medioevo e dell’età moderna,
laureato in Lettere e Filosofia, Galasso fu uno studioso attento e rigoroso con
un’ampia visione storica che contemplava tutte le direzioni, da Benedetto Croce
ad Antonio Gramsci, passando attraverso la dimensione del Risorgimento e il
contesto meridionalista.
In Galasso si pongono alcune
questioni ben definite che rispondono al concetto di società e antropologia del
Medioevo e dell’età moderna. All’interno della lettura che ha fatto della
storia vi è il Mezzogiorno come visione centrale, un Mezzogiorno che si apre a
ventaglio con l’Europa, le Europe e con il Medioevo e le varie realtà dei Mediterranei.
Non si parla solo di storia della politica, ma anche di economia e di società.
Risale al 1965 uno dei suoi
primi volumi in cui focalizza l’attenzione sul Mezzogiorno analizzato tra Medioevo
e modernità, mentre quello successivo del 1967 si concentra sull’economia e sulla
società nella Calabria del Cinquecento. I rapporti tra Calabria e società, Mezzogiorno
e società, economia e società costituiscono dati pregnanti. Del resto il punto
di partenza per Galasso era sempre il Regno di Napoli, nodo centrale del Mediterraneo,
e le letture che propose, come il pensiero dell’Italia moderna attraverso
Mazzini e Salvemini, attraverso i lineamenti della storie dei personaggi che
diventano storia universale, si incentrano in una visione che è quella dell’Italia
come problema storiografico.
Riflettendo sul concetto di
democrazia, Galasso pone allo’attenzione due pilastri: Cattaneo e Rosselli. Accanto
a queste due realtà storiche, la cultura napoletana del Settecento viene vista
attraverso lo sguardo della filosofia. Senza
la filosofia e l’antropologia non ci sarebbe stata la visione articolata di una
cultura, a tutto tondo, tra storia moderna, storia medievale e storia d’Europa.
È esattamente questo uno dei dati principali che Galasso ha posto in evidenza
mediante la sua storiografia e bibliografia. Quando nel 1998 pose all’attenzione
il rapporto tra l’Italia moderna e l’unità nazionale, fu chiaro che dentro questa
visione vi era l’antica questione meridionale, rivissuta attraverso un rapporto
euro-mediterraneo considerato addirittura partendo da Giustiniano fino ad
arrivare all’età medievale moderna di Federico II.
Lo studio di una realtà
europea che parte dal Medioevo fino ad arrivare al Novecento, sottolinea,
chiaramente, l’importanza di un legame tra storia politica, storia culturale,
storia delle società. Esperienza e testimonianza storica solcano tutto il
vissuto di Galasso. La sua attività ha rappresentato un dato significativo. L’esperienza
politica l’ha portato ad approfondire la visione di una storia politica aperta alla
storia delle culture.
Dal 1970 al 1993 ha militato nel Partito
Repubblicano italiano. Ha fatto politica ed è stato anche Consigliere comunale a
Napoli. L’esperienza nazionale come membro della Camera dei Deputati, tra il 1983
e il 1994, e le sue esperienze come Sottosegretario ai beni culturali prima e
come Sottosegretario all’intervento straordinario del Mezzogiorno poi, lo hanno
inserito all’interno di quelle dinamiche relative al legame tra il territorio, gli
aspetti culturali e storici.
Come dicevo, si deve a lui
il progetto della tutela del paesaggio attraverso la “Legge Galasso” del 1985, che, sottolineando l’importanza del paesaggio
all’interno del patrimonio dei beni culturali, pone l’attenzione su tre
concetti fondamentali: la tutela, la valorizzazione a la fruizione dei beni culturali.
Ritengo che se il Codice dei
beni culturali del 2005 ha
posto l’attenzione il legame tra bene culturale (bene materiale e immateriale)
e paesaggio, lo si deve anche alla valutazione e alla verifica che Galasso ha realizzato
all’interno di questa sua proposta, attribuendo una notevole forza al modello
culturale. Per Galasso il bene culturale ha rappresentato una conoscenza, o
meglio, la possibilità di conoscere, in maniera più approfondita, il territorio.
Risale al 1986 il suo saggio
Beni e mali culturali, nel quale emergono
questi aspetti nell’ambito di una dimensione in cui l’interpretazione della
storia diventa interpretazione delle culture. La sua esperienza politica viene
espressa anche mediante il pensiero repubblicano legato a Mazzini e a Croce. Quel
suo pensiero che lo ha posto all’attenzione di una dimensione molto ampia nella
universalità dei concetti filosofici attraverso una collaborazione costante con
testate giornalistiche come La stampa,
il Corriere della Sera, l’Espresso.
Il suo mettersi in gioco
nella quotidianità del dibattito, ha imposto una dialettica estesa e articolata.
Tra la storia militante e la storia accademica, Galasso era sempre lì come
punto centrale di una dialettica molto vasta e questo lo ha portato ad essere
considerato uno dei maggiori storici nella dialettica militante sul Mezzogiorno
e sulla storia del legame tra Europa e Mezzogiorno
stesso.
Il pensiero
liberaldemocratico ha trovato in Mario Pannunzio una personalità di grande
spicco comunicativo sul quale si è soffermato anche Galasso. Pannunzio è stato il
direttore del settimanale “Il Mondo”, rivista che fu al centro della dialettica
tra cultura, economia e politica. A questo riferimento si è ancorato il pensiero di Galasso. Nella
sua chiave di lettura si inseriscono personalità come quelle citate, ma si inserisce
anche in una visione che tocca la
Napoli spagnola, la
Napoli di Masaniello e il legame tra il Regno di Napoli e,
precedentemente, il Regno delle Due Sicilie.
Nel 2016 viene pubblicata Storiografia e storici europei del ‘900,
e soffermandosi sugli storici e sulla storiografia del Novecento, il Novecento
stesso diventa la lettura di un mosaico molto ampio all’interno del rapporto tra
storia, politica, società e cultura. Successivamente, nel 2017, pubblica Storia della storiografia italiana. Un
profilo. Questi due ultimi libri sanciscono l’importanza della
storiografia. Il Galasso filosofo e storico pone la sua lezione su Giambattista
Vico al centro di un‘interpretazione universale.
Ricordo quella sua straordinaria
lezione su Vico. Erano gli anni ’90, un periodo in cui la figura di Vico veniva
posta all’interno di una metafisica e di un’etica. Memorabile è stato il “duello”
dialettico avuto su Vico con Riccardo Misasi, l’allora Sottosegretario alla Presidenza
del Consiglio. Un grande politico di Cosenza, più volte ministro della Pubblica
Istruzione, profondo conoscitore della storia europea e mediterranea. Questo
importante Convegno si svolse alla Reggia di Caserta, io ne ero il coordinatore,
e il pensiero di Galasso, liberal democratico, apriva una dialettica forte con
il cattolicesimo sturziano di Misasi.
Questo confronto su Giambattista
Vico ha posto all’attenzione il filosofo e l’antropologo, e ponendo
all’attenzione il Vico filosofo e antropologo, sia Galasso che Misasi hanno
sottolineato l’importanza della metafisica e dell’etica. Tutto questo ha significato
anche una rilettura della cultura del Mezzogiorno, perché con Vico si supera la
storia e anche la visione etica per entrare in un linguaggio che è metafisico.
Questo incontro ha offerto
una nuova visione di un processo culturale del Regno di Napoli, analizzato attraverso
la visione metafisica di Vico che ha cportato Galasso a rileggere tutta la
storia dell’Italia contemporanea, dal Cinquecento all’età del Duemila. La storia
della storiografia italiana del 2017 è improntata su questa chiave di lettura
metafisica che è vitale in Giambattista Vico.
Giuseppe Galasso ha
penetrato, senza alcuna visione ideologica, lo spessore della storia del Mezzogiorno
non soltanto attraverso i modelli dei fatti e degli eventi, ma anche mediante
il pensiero del Mezzogiorno come verifica di un quadro internazionale. Il
filosofo, che non riusciva a considerarsi tale, ha trovato una sua abitazione
proprio in questa storiografia italiana, che attraversa il Regno di Napoli e
certamente tutto il Mediterraneo e Giambattista
Vico, anello di congiunzione di una società e di una civiltà, che lega le identità
e le eredità dei popoli.
Galasso aveva compreso perfettamente
la funzione di una storia che non può passare attraverso le ideologie, bensì
tramite una documentazione costruita non solo da fatti di cronaca, ma anche dal
pensiero. Una dimensione in cui la storia e la filosofia si intrecciano con gli
elementi antropologici. Di grande importanza resta il suo studio su Croce, uno
studio comparato e articolato tra filosofia, storia e letteratura.
Galasso pone all’attenzione
il legame tra Croce e Gentile. Un partecipata analisi sono le pagine su Gentile e mai si allontana
del rapporto con la filosofia genti liana. Scriverà: “…il riflesso di una
identificazione tra vita e lavoro, di cui la biografia e le opere di Croce
offrono una testimonianza, se così si può dire, totale" trova un centro
proprio nel lavoro gentiliano. Insomma uno storico serio.
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