Di Pierfranco Bruni
Oltre ogni maschera la morte
coglie il respiro e riavvicina i ricordi distaccando i giorni. È morto, a Roma,
Pierluigi Pirandello, l’ultimo erede di casa Pirandello. Era nipote di Luigi
Pirandello, figlio di Fausto.
Nato a Parigi il 5 agosto
del 1928, aveva svolto per 50 anni la professione di avvocato ma il suo punto di
riferimento culturale restava sempre il padre, l’artista Fausto, con le
profonde radici rivolte al nonno Luigi. Nel 2017 Pierluigi Pirandello aveva
pubblicato, insieme ad Alfonso Veneroso, un volume dal titolo Il Pirandello dimenticato dal quale
emerge il ritratto di un nonno affettuoso, a volte scontroso, molto amante
della pittura, ricco di silenzi ma anche di visioni condivise con il figlio
Fausto.
Pierluigi Pirandello aveva
consolidato queste grandi eredità nell’ambito di una visione in cui l’eredità
diventa determinante non soltanto da un punto di vista spirituale, ma anche
etico e culturale. Nel 2011
ha dato vita, insieme alla moglie Giovanna, a una Fondazione
dedicata al padre Fausto con la quale ha sviluppato diverse attività nel nome dell’arte
e del legame tra arte e letteratura. Pierluigi conosceva molto bene questa
dimensione, il legame tra arte e letteratura che univa il padre Fausto al nonno
Luigi.
Con la sua scomparsa viene
meno l’ultimo cordone in epoca contemporanea che si era stabilizzato
all’interno dei processi letterari e artistici e in quella visione identitaria
di un fare arte e letteratura.
Ciò che Pierluigi amava
ricordare del nonno era il fatto che di mattina scriveva, con la macchina da
scrivere, e il pomeriggio si dedicava alla pittura con Fausto. Un quadretto
veramente importante che lega padre e figlio in un immagine fissa nello sguardo
e nel cuore di Pierluigi.
Questo legame era testimonianza
di una identità consolidata attraverso dei principi geografici veri e propri,
ovvero l’eredità dell’isola sicula. Gli aspetti artistici e letterari di Luigi
Pirandello e del figlio Fausto vertono tuttora a una rilettura di quella
dimensione del raccontare, del raccogliere, dell’essere in cui le radici
diventano proiezione per la definizione di una cultura che attraversa
inevitabilmente tutto il Novecento.
Con Luigi Pirandello si
assiste al passaggio tra l’Ottocento e il Novecento, mentre con suo figlio
Fausto siamo in pieno Novecento. Il nipote Pierluigi, testimone di questi
passaggi, ha portato dentro di sé una forte volontà di proseguire il messaggio
del nonno e del padre anche mediante la costituzione della Fondazione.
Il punto nevralgico della
loro eredità resta il luogo dal quale sono partiti e al quale sono ritornati:
Agrigento. Un territorio dal sapore greco, ellenico. Un ambiente fortemente
mediterraneo nel quale i colori, la visibilità dell’immaginario e dell’immagine
stessa di Fausto rappresentano la traducibilità di un linguaggio che è quello
dell’arte vera e propria.
Ritengo che la scomparsa di
Pierluigi Pirandello non determini nessun frattura, anzi rafforzi ancor di più
la visione tra arte e letteratura, tra Roma e la Sicilia , tra Europa e Mediterraneo.
Ecco, quindi, l’essenza di
un ricordo che porta dentro le matrici di un Novecento pirandelliano che ha
dato voce alla teatralità, al valore della maschera e alla grande capacità di
trasformare le parole in arte, in pittura, in colore.
Pierluigi, essendo l’ultimo
testimone, nel suo testo dedicato al nonno Luigi, Il Pirandello dimenticato (edito da De Luca Editori d'Arte), ha dato prova tangibile del
fatto che le eredità non possono mai essere dimenticate. Fausto, una pennellata
in cui il colore aveva sempre un tratteggio di esistenza, portava le radici che
incisioni di una grecità profonda. A questa grecità si era formato anche
Pierluigi.
Nessun commento:
Posta un commento