di Pierfranco
Bruni
La Biblioteca Nazionale di Cosenza – Mibact –
inaugurerà martedì 16 maggio prossimo, alle ore 17.00, nell’Area Museale,
Piazza Toscano, una mostra dedicata completamente alla figura e all’opera di
Totò a Cinquant’anni dalla morte. Sarà preceduta da un convegno sul tema: ““Io non so leggere, so soltanto
scrivere. Ecco
qua: Totò a Cinquant’anni dalla scomparsa. Un personaggio. Un mito”.
Il profilo dell’ironia di Totò nella letteratura
cinematografica e teatrale ha lasciato segni tangibili nel contesto
contemporaneo. La sua ironia pulita e intelligente non è comparabile ad alcuna
comicità grezza e linguisticamente non apprezzabile dei nostri giorni. L’unico
erede può considerarsi certamente Massimo Troisi. Unico erede di una nopetanità
dentro i Mediterranei possibili.
Ci sono linee marcanti tratteggiate dalla malinconia
che nasce da Pirandello e si innesta nei De Filippo. La malinconia della recita
è la ricerca di trasformare l’inquietudine in tentazione di armonia. Il sorriso
a volte diventa un riso. Pirandello diventa l’interprete del riso in
malinconia. Totò trasforma la malinconia in riso. La vita è un definire il
legame tra tristezza e nostalgia diventando personaggi attori e maschere. Totò
e Pirandello sono altro rispetto allo sguardo di Wilde nello specchio.
Totò: “Perdere
chi non conosce rispetto è un grandissimo guadagno”.
Bruni: “… è sempre doloroso perdere chi pensa di
volerti bene ed è triste perdere chi pensa di rispettarti. Ma si tratta
soltanto di un pensiero…”.
Totò:
“L'ignorante
parla a vanvera. /L'intelligente
parla poco. /'O fesso
parla sempre.
A
Pirandello Totò deve “L’uomo, la bestia e la virtù” del 1953 sceneggiato da Steno (che curò la regia) e da Vitaliano Brancati e
che andò in onda su Tai Tre addirittura nel 1993 e “La patente”, del
1954 per la regia di Luigi Zampa, un episodio all’interno di “Questa è la vita”,
novella di Pirandello.
Mario
Gromo, molto attento, ebbe a dire: "La patente trasforma in
commediola , e talvolta in farsa , una stridente situazione drammatica…e Totò è
qua e là efficace …".
Due pellicole
che non ebbero (molto) successo. Ci furono problemi vari. Ma la questione più
vera fu che Totò si senti molto “imprigionato” nelle parti dei personaggi che
recitava. In altri termini un Totò che non fu lasciato libero di Totò. Dovette
segrire rigidamente il copione. Questo non lo rese realmente autentico. Totò a
50 anni dalla scomparsa, ovvero Antonio de Curtis nel personaggio esemplare
di Totò. Ironia e umorismo. Maschera e comicità. L’uomo che è oltre
l’improvvisazione.
Totò: “Era un uomo
così antipatico
che dopo la sua morte
i parenti
chiesero il bis”, la maschera e l’ironia. Totò ha segnato un tempo che lega
Prandello e Eduardo De Filippo. L’ironia che si fa riso – sorriso. Un concetto
profondamente pirandelliano: “Di notte,
quando sono a letto, nel buio della mia camera,
sento due occhi
che mi fissano, mi scrutano, mi interrogano, sono gli occhi
della mia coscienza”.
“La mia faccia non mi è nuova, ce l'ho da quando sono nato”.
Totò e Pirandello hanno
creato maschere. Eduardo De Filippo ha messo sulla scena la sua maschera.
Pirandello ha creato personaggi. Scarpetta ha vissuto il personaggio e la
maschera. Totò ha realizzato la teatralità e il cinema come maschera e come
personaggio: “Vi sono momenti minuscoli di felicità, e sono quelli durante i
quali si dimenticano le cose brutte. La felicità, signorina mia, è fatta di
attimi di dimenticanza”.
L’ironia e la poesia sono un colloquiare tra le linee del sorriso – consapevolezza del
sogno tragico. Un personaggio complesso.
Un attore mai attore sul senso tout court del termine, ma personaggio che
recita la vita. O meglio che lascia che la vita si rappresenti nella sua
sfaccettatura con le maschere e con gli specchi. Non c'è l'umorismo filosofico
pirandelliano nel suo dire e nel suo essere come umorismo di sorrisi vani.
L'umorismo nella ironia tragica del quotidiano, (cfr. anche Petrolini), vivere
è già oltre il riso - sorriso, ma è anche consapevolezza del senso inquieto del
vivere.
Intorno alla figura di Totò, al personaggio Totò, ci
sono dimensioni teatrali, letterarie e chiaramente cinematografiche. Ma Totò
nasce nella letteratura. Il Totò poeta e
drammaturgo. Ovvero nei linguaggi e nella gestualità di un pirandelliano
modello in cui sembra incrociare Ionesco e Kafka. O meglio l'assurdo e
l'enigma.
È un dato letterario di non poca rilevanza sino a
toccare uno scrittore italiano che è sulla linea del "gioco" fittizio
e reale della vita - letteratura: Tommaso Landolfi. Landolfi e il gioco.
Corrado Alvaro scrive riferendosi a “Guardie e
ladri” del 1952 del regista Mario Monicelli:
“Verso la fine del film, Totò e Fabrizi, uno da ladro e l’altro da
poliziotto, inseguito e inseguitore, devono dirsi alcune parole sulla loro
condizione, giustificandosi e quasi scusandosi reciprocamente sulla
ineluttabilità del oro mestiere..[..] Dietro al ladro e al poliziotto c’è una
società che si difende dai ladri per mezzo dei poliziotti; ma gli uni e gli
altri, almeno in questo film, senza una vera vocazione per il loro
mestiere…[..] Totò e Fabrizi qui sono, nella loro parte, in vena come in pochi
altri lavori…” (“Mondo”, gennaio 1952).
È chiaro che Totò incarna la
"napoletanità" nella gestualità , e nel linguaggio poetico, di
Eduardo Scarpetta. Ma Napoli è il centro della recita trecentesca e barocca e
rivoluzionaria. La napoletanità è la "bufera" della metafora
nerudiana della maschera di Troisi, ma è anche l'eccezionale messa in scena del
salotto Serao e delle gesta di Eduardo Scarfoglio, inquieto esploratore dei mondi
sommersi e viaggiatore elettrizzante - estetizzante con D'Annunzio, che
intreccia la scena, la ribalta, il retroscena.
Totò, comunque, conosce l'incastro sottile e
letterario che si vive tra il Pirandello della maschere muse nude e Eduardo De
Filippo nel suo equilibrio di un riso terribilmente ironico inquieto.
Come Pirandello non è essenzialmente teatro
dell'umorismo, ma dell'ironia tragico, Totò rappresenta il sorridere nella
consapevolezza della tragico nella solitudine delle vite. E non è solo cinema.
Credo che bisogna partire da un "ritaglio" di fondo che è quello
letterario.
Non c'è uno spartiacque definito tra Pirandello De
Filippo Totò e Eduardo Scarpetta. È la recita propriamente mediterranea sicula
- campana alla quale aveva dato un forte contributo Giovanni Boccaccio nel suo
abitare luoghi e personaggi napoletani con una Fiammetta popolano.
Totò in fondo conosce molto bene questi ruoli e queste appartenenze e rende il tutto in una intelaiatura in cui il linguaggio e la fisicità dei gesti restano fondamentali.
Totò in fondo conosce molto bene questi ruoli e queste appartenenze e rende il tutto in una intelaiatura in cui il linguaggio e la fisicità dei gesti restano fondamentali.
Sempre Totò: “A volte è difficile
fare la scelta giusta
perché o sei roso dai morsi della coscienza o
da quelli della fame”.
Totò crea un linguaggio rompendo tutti gli schemi
semantici. La sua è propriamente una lingua non solo popolare ma ironico -
aristocratica. Può sembrare strano ciò. Ma il popolare e il nobiliare sono
parte integrante di quella "livella" che è la filosofia del
quotidiano.
Per questo credo che non si può prescindere da una
visione letteraria in cui la lingua e il linguaggio dei gesti e delle forme
sono rappresentazione di una estetica dei personaggi, del personaggio Totò e
dell'uomo Antonio de Curtis.
Certo, ritornerò a scrivere e a parlare in più occasioni su Totò, Antonio de Curtis (per abbreviazione perché i titoli e i nomi sono molti), e su questi percorsi.
Totò era nato a Napoli il 15 febbraio 1898 e morto a Roma il 15 aprile del 1967. Un personaggio oltre la maschera stessa. Sempre nostro ironico e italico contemporaneo. L’ironia tra umorismo e tragedia di Pirandello è dolorosa consapevolezza in De Filippo. Resta sempre maschera in Scarpetta e in Totò è il sorriso del senso tragico. Totò”.
Certo, ritornerò a scrivere e a parlare in più occasioni su Totò, Antonio de Curtis (per abbreviazione perché i titoli e i nomi sono molti), e su questi percorsi.
Totò era nato a Napoli il 15 febbraio 1898 e morto a Roma il 15 aprile del 1967. Un personaggio oltre la maschera stessa. Sempre nostro ironico e italico contemporaneo. L’ironia tra umorismo e tragedia di Pirandello è dolorosa consapevolezza in De Filippo. Resta sempre maschera in Scarpetta e in Totò è il sorriso del senso tragico. Totò”.
Totò non una maschera ma un personaggio! Un
personaggio che ironicamente sa di saggezza: “Vi
sono momenti minuscoli di felicità, e sono quelli durante i quali si
dimenticano le cose brutte. La felicità, signorina mia, è fatta di attimi di
dimenticanza”. Mi sembra che il tutto possa corrispondere ad una bella
osservazione di Alberto Bevilacqua che tanto amava Totò: “Devo per forza costruire sempre
un’altra realtà nella realtà perché, di
quello che è, io non riesco mai ad accontentarmi”. Totò, un maestro di stile in una contemporaneità
in bianco e nero.
Un Totò che ha vissuto nella malinconia uno stile, una
eleganza: “Vi sono momenti minuscoli di felicità, e sono quelli durante i quali
si dimenticano le cose brutte. La felicità, signorina mia, è fatta di attimi di
dimenticanza”. Che si intreccia con il Troisi: “L'amore è tutto quello che sta prima e quello
e che sta dopo. Magari bisognerebbe tenere più in considerazione il durante”.
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